INTERVISTE

STARDOM

dicembre 2011

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La band con sede a Milano sta raccogliendo i frutti di "Soviet della Moda". A distanza di un anno dalla sua uscita, ci sembrava doveroso scambiare qualche parola con Riccardo.

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Come vi siete conosciuti visto che ognuno di voi viene da luoghi diversi dell'Italia e dell'Europa?

Il nucleo originario (Riccardo/RCD alla voce, Antonio/Fafnir alla chitarra e Oliver al basso) gravitava intorno al Rainbow Club, lo storico locale di Milano: tutti e tre avevamo alle spalle esperienze musicali precedenti e in quel momento,  per diverse ragioni, non stavamo più suonando. Ci siamo trovati insieme a parlare e il ‘sacro fuoco’ si è riacceso, insieme alla voglia di rimettersi in gioco: era l’autunno del 2005. Da allora, attraverso alcune vicissitudini, il nucleo si è arricchito poi con Cristina/LaCrisi (chitarra), anche lei storica frequentatrice del Rainbow e pure lei con esperienze musicali alle spalle. Qualche problema in più con i batteristi: nel tempo ne abbiamo sostituiti diversi. Approfittiamo, anzi, di questa occasione per presentare il nostro nuovo batterista Tullio, che per gusti, sensibilità e impatto sonoro si è dimostrato fin da subito in linea con il mood della band.

Com'è nata la vosta collaborazione, tenendo presente che ognuno di voi ha un background ed esperienze musicali che si discostano dal gothic rock?

Quando ci siamo messi per la prima volta a suonare, non avevamo né consegne né programmi particolari, ci siamo messi semplicemente a buttar fuori idee, anche per conoscerci musicalmente e trovare i punti di incontro. Il fatto che le nostre collezioni di dischi avessero molti tratti in comune ci ha di sicuro facilitati, così come le differenze hanno contribuito ad arricchire ciò che producevamo: ci siamo presto resi conto che non saremmo stati la band di un genere monolitico e facilmente inquadrabile e questo ci dava un confortevole senso di libertà.

Da dove nasce il vostro nome come gruppo, Stardom per l'appunto?

È la scelta di un nome evocativo, che richiama l’immagine di vastità luminosa, la dimensione delle infinite possibilità, l’aspirazione a ciò che è distante, grandioso, e sta lì eternamente, come a voler indicarci qualcosa.


E da dove proviene il nome del vostro lavoro Soviet della moda?

Soviet della moda è un verso del nostro singolo Unidirezionale, ed è una metafora della contraddittorietà del reale, e, per quanto ci riguarda più da vicino, di questo lato del mondo. La moda è emblema del libero mercato, del business, dell’individualismo, di una presunta autodeterminazione che ognuno di noi dovrebbe essere teoricamente in grado di esercitare. Eppure la realtà in cui viviamo di fatto nega questa autodeterminazione. Anche in casa nostra, dietro la facciata, decide il partito unico, un Soviet. Sarebbe importante anche solo esserne consapevoli

Questa è una mia curiosità inerente alla domanda precedente: "soviet" in russo significa "consiglio", associato a "della moda" e tenendo presente che Riccardo scrive per un giornale di moda, Vogue Italia per l'appunto, suona un pò buffo, vero? E' fatto di proposito?

Si tratta di una semplice coincidenza, anche se curiosa e divertente. L’immagine è stata suggerita più che altro dall’atmosfera culturale di Milano in cui siamo immersi ogni giorno, a prescindere dalle nostre occupazioni professionali. D’altra parte il testo di Unidirezionale è stato scritto quasi interamente da Antonio.

Perchè avete deciso di firmare per la Danze Moderne?

L’etichetta Danze Moderne sembra fatta apposta per noi: per la sua filosofia, per la scelta molto precisa di promuovere il panorama new wave con cantato in italiano e di valorizzare un patrimonio musicale che probabilmente non ha tutta la visibilità che merita. Costituisce di sicuro un’eccezione all’interno di un mercato poco coraggioso, incline a galleggiare nelle acque più sicure del mainstream. In questo senso, Riccardo ha anche aperto, con Mario Marinoni, un gruppo Facebook (www.facebook.com/groups/213048058735096) intitolato Neo Wave, esclusivamente dedicato alle tante band italiane che stanno rinnovando un genere che nel nostro Paese ha già avuto un passato glorioso. Oggi, assieme agli Stardom, impegnati in questo che non è un revival bensì il proseguimento di un discorso iniziato alcuni decenni fa, ci sono band di grande impatto come Delenda Noia, Cineteca Meccanica, Sinezamia, Avant-Garde, lo stesso Mario Marinoni... solo per citarne alcuni, così, a memoria.

Da dove prendete lo spunto per i vostri testi che, ho letto, vengono paragonati a "poesie moderne"?

Si tratta di una miscela di personali esperienze di vita e suggestioni che ci provengono dalla letteratura e dall’arte in generale. Si innestano le une nelle altre e si alimentano in modo scambievole. Ecco allora testi dall’intenso respiro metafisico alternarsi ad altri che sono vere short sories o hanno forti connotazioni sociali. L’ultraterreno e il terreno ci interessano e suggestionano in egual misura. Va detto anche che alla stesura dei testi partecipano tutti i membri della band. Talvolta qualcuno arriva con un testo quasi completo, e allora si lavora sui dettagli; altre volte si ha solo un’idea generale e il testo vero e proprio nasce da una sorta di brainstorming.

Quanto è importante la città di Milano nei vostri pezzi, visto che comunque ne fate sempre un chiaro riferimento?

Come già accennato, Milano esercita una sua forza su di noi, forza di attrazione e repulsione. Ci succede quello che un po’ succede a quegli scrittori o pittori legati in un modo o nell’altro alla propria città, nel bene o nel male: tornano sempre a raccontarla, anche se ciò non è sempre così evidente. Tuttavia, il fatto che proveniamo da Paesi molto distanti tra loro fa sì che poi ognuno porti il proprio diverso contributo culturale. La presenza di componenti non italiani, inoltre, dà alla nostra musica un respiro internazionale e ci aiuta non essere troppo vincolati alla tradizione wave italiana.

Siete stati paragonati ai CCCP ed ai Diaframma. Quanto pensate sia vero questo confronto?

Sono accostamenti quasi fisiologici perché chi più chi meno, noi della band abbiamo masticato e respirato la loro musica e, di più, anche un certo immaginario collettivo che ruotava intorno a loro. Non è che quando componiamo stiamo a pensare a loro, piuttosto crediamo che gli ascoltatori riconoscano una naturale ‘aria di famiglia’ che ci accomuna. Non dimentichiamo, inoltre, che alcuni di noi, già durante la metà degli anni Ottanta, in contemporanea con le band citate, producevano già musica punk, wave e dark. In ogni caso questa somiglianza è dovuta prevalentemente al fatto di aver scelto la lingua italiana. Quando cerchiamo le melodie vocali, lavoro a cui dedichiamo molto tempo e molta cura, spesso usiamo la lingua inglese e la vicinanza con le band italiane degli anni Ottanta è molto meno evidente di quanto possa in realtà sembrare.

A chi vi ispirate quando componete i pezzi? Vi è qualche gruppo in particolare che vi influenza musicalmente?

Come dicevamo prima, ci sentiamo idealmente parte di una ‘famiglia’ che ha radici sia in Italia sia all’estero, soprattutto nell’Inghilterra del post-punk, della darkwave e di una certa corrente indie. Ma non sarebbe corretto volerci collocare a tutti i costi su un preciso ramo di qualche ‘albero genealogico’. Il nostro, dunque, è un viaggio non solo geografico bensì temporale, perché ci guardiamo attorno e ci confrontiamo anche con la musica prodotta in questi anni a noi contemporanei.

Chi sono per voi, le bands di cui non potreste fare a meno, a cui avete legato i vostri ricordi adolescenziali?

Accidenti, ora non siamo tutti qui a rispondere e rischiamo di far torto a qualche assente… Proviamoci, e in ordine alfabetico per non sbagliare: Bauhaus, CCCP, Christian Death, Cure, Diaframma, Doors, Joy Division, Level 42, Litfiba, Marlene Kuntz, New Order, Nirvana, Pixies, Sisters of Mercy, Siouxsie and the Banshees, Smashing Pumpkins, Smiths, Sound... Oggi, che non siamo più adolescenti, ci piace ascoltare anche band quali Interpol, Editors, She Wants Revenge, White Rose Movement, White Lies... Naturalmente ognuno ha poi esperienze e percorsi molto personali. Oliver, che è cresciuto in Serbia, non ha nulla a che vedere con le band wave italiane, che ha conosciuto solo in tempi molto recenti. Anzi, nel suo background c’è una massiccia presenza di jazz, che ha spesso anche suonato. Inoltre è lui il produttore della nostra musica ed è per questa ragione che possiamo definirci una band new wave, ma molto molto spuria.

Ultima domanda di rito: Progetti futuri? Sono previste date in cui vi esibirete?

Siamo attualmente impegnati a registrare le canzoni del secondo album, che pubblicheremo sempre con Danze Moderne prima della fine del mondo prevista dai Maya. Ai lettori dell’Erba della Strega regaliamo anche questo scoop: uno dei pezzi, dal titolo Magazzini criminali, è stato realizzato e registrato con i nostri cugini di etichetta Cineteca Meccanica; vedrete, sarà una vera sorpresa per i nostri ascoltatori. Non escludiamo, per altro, ulteriori collaborazioni nel nostro immediato futuro. Nel nuovo album, inoltre, diversamente da Soviet della moda che vedeva un maggiore impegno compositivo di Antonio e Oliver, ci sono diversi brani composti da Cristina che dànno sapore e colori nuovi alla nostra musica. Per quanto riguarda i live, a partire dalla prossima primavera sono previste esibizioni in diverse regioni d’Italia, ma non è esclusa anche qualche trasferta europea. Sarà l’occasione per far ascoltare in anteprima alcune delle nuove canzoni, come è già accaduto per Magazzini criminali suonata live al Ligera di Milano e a Palazzo Granaio di Settimo Milanese, ospitando sul palco i Cineteca Meccanica.

E ora un saluto ai lettori di L’Erba della Strega, ricordando loro che il nostro Soviet della moda è disponibile su iTunes e al sito www.danzemoderne.it.
Al prossimo live!


Foto di Emanuela Zini

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