RICCARDO COLTRI
Riccardo Coltri (Bussolengo, Verona, 1973) fa parte della redazione della rivista "Inchiostro", per la quale scrive racconti, articoli, interviste, recensioni, ed è fra i curatori del sito Internet ufficiale, su www.frida.it/inchiostro. Per conto della rivista, ha pubblicato anche illustrazioni e ha scritto sceneggiature per fumetti.
E' ideatore e principale curatore di "Weird Ink", rubrica dedicata alla letteratura fantastica, presente anche in versione telematica all'indirizzo
http://drink.to/weird. Sempre su Internet, dal 1999 cura la web-zine "Crislor 999" (http://crislor999.tsx.org) e il sito di poesie "Cuore Cattivo", su http://go.to/cuorecattivo.
Finalista in diversi Premi letterari, ha pubblicato racconti (una cinquantina in totale dal '95 a oggi, tra pubblicazioni amatoriali e professionali) e articoli su numerose riviste e fanzine, cartacee e sul Web, tra cui
"Delos Science Fiction", "Yorick Fantasy Magazine", "Inside Horror Magazine", "Planet Ghost", "Lettere", "Ouroboros". Sue storie sono apparse in varie antologie: "Visibile Invisibile" (a cura di Giulio Mozzi), "Nero Internazionale", "Altrove" (G.Ho.S.T.), e altre dedicate al Fantastico. Dal Giugno del 2001 è online il suo e-book "7 vite" (sette racconti horror e sf), scaricabile gratuitamente dal sito www.fantahorror.com.
Ha inoltre curato un’antologia di racconti di fantascienza per le edizioni G.Ho.S.T., dal titolo "Guru meditation" (Settembre 2001), e una per le Edizioni Inchiostro, in uscita nelle librerie nel 2002, che raccoglierà fra le firme più importanti del Fantastico italiano.
Sue illustrazioni si trovano sulle pagine di "Inchiostro", nella rivista "Oltre uomo" (edizioni Madmedia) e su alcuni siti Internet.
Dal 1996 fa parte del "Gruppo Inchiostro": legge e valuta manoscritti per conto di diverse case editrici.
Dal maggio del 2001 scrive articoli e recensioni per un mensile tedesco.
Ideatore del Premio letterario "Inchiostro bizzarro" (
utenti.tripod.it/weird_ink/inchiostrobizzarro.shtml), sta organizzando, per il 2001, in collaborazione con "Inchiostro" e la Biblioteca Civica di Verona, un Corso di "scrittura fantastica", il primo in Italia di questo genere (insegnanti: Franco Forte, Gianfranco Nerozzi, Alda Teodorani, Enrico Rulli).
Nel Luglio del 2001 è uscito nelle librerie il suo primo romanzo: "Non c’è mondo" (Bonaccorso edizioni, sito ufficiale su
www.fantascienza.net/users/rcoltri/noworld.shtml, una versione dark-horror della leggenda di Romeo e Giulietta.
Per contatti:
coltri@tin.it

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"Non c'è mondo" romanzo rosa-horror
Una donna uccisa in una chiesa, in circostanze mai chiarite. La volontà del suo uomo di rivederla, anche solo per un ultimo istante, andando contro le leggi che regolano la vita e la morte.
La storia di due giovani amanti che muoiono insieme, nello stesso sepolcro rischiarato da cento candele.
Due ragazzi di fine millennio e un esilio in un mondo buio.
Uno scrittore costretto su una sedia a rotelle, il cui nome, in lingua cimbra dei Tredici Comuni, significa "corvo".
Quattro storie che si intrecciano, fino a diventare una sola.
In mezzo a tutto questo: una creatura antica, dall'aspetto di un diavolo di pietra nera. Un coltello e un tributo di sangue. Un misterioso personaggio e il suo piccolo negozio che sembra scolpito nell'ombra. Magie e sortilegi cimbri, fra i boschi innevati dei Tredici Comuni delle montagne veronesi.

PARTE PRIMA: DOVE CI SONO AMORI MALEDETTI
"OCCHI VERDI, ALI SPEZZATE"

L’uomo aveva la giacca nera e le palpebre inferiori umide di pianto. Quando entrò nella stanza, un coltello antico nascosto nella tasca di dietro dei jeans, uno degli addetti dell’obitorio gli venne incontro, fermandolo.
"Lei chi è, non…".
L’uomo lo spintonò via, con rabbia.
"Fermo!".
Nella stanza entrò, con passo affrettato, un poliziotto; un altro.
"Il marito, lasciatelo passare", spiegò uno dei due.
L’addetto era rimasto a fissare l’uomo, i suoi occhi… Deglutì. Guardò il suo assistente, in piedi accanto al cadavere.
"Roberto Crinti?", mormorò mestamente l’assistente, leggendo su un blocchetto.
L’uomo annuì, le labbra serrate in una linea sottile.
Il corpo era sul lettino, coperto da un lenzuolo fin sopra la testa.
Vi si avvicinò, singhiozzando.
"Non…", protestò l’addetto, ma uno dei poliziotti gli toccò un braccio, scoccandogli un’occhiata impietosita.
Il lenzuolo era intriso di sangue. Sotto, all’altezza del viso, si scorgevano dei lineamenti delicati, immobili.
L’uomo che si chiamava Roberto sussurrò qualcosa, con voce rotta. Senza che le altre persone presenti nella stanza vedessero, mise una mano nella tasca di dietro, dove aveva infilato il coltello antico… e ne accarezzò la lama, respirando a scatti.

Romanzo "NON C'E' MONDO"
108 pagine, 15.000 lire
Bonaccorso Edizioni
Via Nicola Mazza, 30/C

37129 - Verona
Tel. 045/597159

L’altro addetto, quello che aveva letto il suo nome sul blocchetto, allungò un braccio e fece per dire qualcosa, probabilmente un dovrebbe firmare qui, poi abbassò lo sguardo.
Roberto fece di nuovo, furtivamente, scorrere le dita sulla lama, stavolta con forza, provocandosi un profondo taglio.
Niente, nella sua espressione, lasciò intendere che si era appena ferito.
Tenne la mano sanguinante nascosta dietro la schiena, affondata nella tasca, e alzò gli occhi lucidi verso l’addetto, a far intendere: voglio vederla adesso.
Voltò lo sguardo verso l’altro.
Vi prego.
Quando il lenzuolo fu tolto, e il volto di Giovanna scoperto, tutti videro che la donna aveva gli occhi verdi aperti, a fissare il soffitto dell’obitorio. E sembrava la morte di un angelo.
Roberto Crinti usò la mano sinistra per tirare ancora di più verso il basso il lenzuolo, che era stato volutamente scoperto solo fino al collo dall’addetto. E vide le ferite di pugnale sul petto, la camicetta ridotta a brandelli, insanguinata.
"Cristo santo", mormorò uno dei poliziotti, voltandosi.
Roberto, le labbra serrate, portò il pugno chiuso della mano ferita all’altezza del cuore della donna, nascondendo il taglio… e, quando fu vicino, lo aprì e vi posò sopra il palmo, lasciando che il suo sangue si unisse con quello del cadavere.
"Giovanna", disse una volta. Ritirò la mano, velocemente, facendo sembrare che non avesse nemmeno toccato il corpo.
Si scostò quindi dal lettino, reinfilando la mano ad accarezzare la lama del pugnale, colorandola di nuovo sangue, e si voltò a guardare uno dei poliziotti.
 
"LA SIGNORA" un racconto di Riccardo Coltri

"Cerchio settimo", antologia di racconti di Riccardo Coltri
(G.Ho.S.T. Edizioni - agosto 2001).
Contiene:
"La Brutta Morte"
"Agli ordini della Signora"
"La danza della sconfitta"
"Stagione di caccia"
"Nidificazione"
"I giorni delle teste nascoste".

Quando quella mattina Niccolò aprì gli occhi e si rizzò a sedere sul letto, sudato e ansimante, seppe subito cos’avrebbe trovato, non appena fosse entrato nel bagno e avesse osservato lo specchio.
Avrebbe trovato un altro messaggio della signora, scritto con la punta morbida e rotonda di un rossetto.
Perché, ogni volta che la signora entrava in casa sua di notte, lui non la sentiva arrivare, ma avvertiva, forte, la sua visita il mattino, appena sveglio.
E poi lei lasciava sempre quel profumo, una fragranza che sapeva di viole e di eleganza antica.
Il nome scritto sullo specchio era Giuseppe Dei Fanti, via Giovanni Caboto 19. La signora gli aveva anche scritto quando sarebbe successo: alle ore 11.
Niccolò guardò l’orologio. Erano le 10 e 27, se avesse preso la superstrada sarebbe arrivato in tempo. Prese con sé il tesserino di addetto alla cella mortuaria e uscì.
Alle 11 e 10 minuti, era all’entrata della casa di riposo "Val di Sole". Parlò con una donna, dicendole che aveva la cassa fuori, pronta, e che era venuto a prendere il corpo. La donna, che aveva un camice bianco, aggrottò la fronte.
"Ho telefonato solo cinque minuti fa, come ha fatto ad arrivare qui così… velocemente?".
Niccolò si strinse nelle spalle.
"Ma è venuto qui da solo? Non ha degli assistenti, o…".
"Faccio tutto io. Non si preoccupi".
La donna gli lanciò un’occhiata un po’ diffidente, poi gli fece cenno di seguirla. Indicò le scale.
"Deve andare su, alla stanza numero nove", disse. "Lui è sul letto, sono entrata prima e l’ho visto… così. Forse è morto stanotte nel sonno".
No, stamattina alle undici esatte, pensò Niccolò. Me l’ha scritto la signora, sullo specchio. "I parenti sono stati avvertiti, vero?", chiese.
"Ho parlato col figlio, al telefono", mormorò la donna, e accese una sigaretta. "Ma è uno che beve, quindi non so se ha capito cosa gli ho detto… Senta, come intende portalo giù?".
"Prego?".
"Come fa a portalo giù e metterlo nella cassa?".
"Porto su la cassa in ascensore…".
"L’ascensore è troppo piccolo, non ci entra. Deve prendere il corpo e portarlo giù, e poi metterlo nella cassa".
’Palle, pensò Niccolò. Comunque niente rottura dei parenti, poteva appropriarsi del corpo e sbrigare il tutto entro breve. Il falso tesserino di addetto alla cella mortuaria funzionava sempre, e ancora una volta le indicazioni della signora erano state precise.
"Ha una sedia a rotelle?", chiese alla donna.
Sistemò il corpo del vecchio Giuseppe Dei Fanti sulla sedia a rotelle, piegandogli le gambe e appoggiandogli la schiena, e premette il tasto del piano terra. Al secondo piano, l’ascensore si fermò, lasciando entrare alcuni ospiti della casa di riposo: un vecchietto e due anziane signore.
"Buondì".
"Salve", salutò Niccolò.
Una delle vecchie guardò il morto, sulla sedia. "Ciao Beppe, come va stamattina?", disse, mettendogli una mano sulla spalla. "Eh?".
Giuseppe Dei Fanti continuò a guardare da un lato, la testa piegate e gli occhi rivolti all’insù.
"Stai meglio, oggi, Beppe?", gli chiese l’altra vecchina.
"Lasciatelo stare, che dorme", disse Niccolò.
"Ah, lui dorme sempre", fece una delle vecchiette, e scosse la testa.
"Sì, dorme sempre", concordò l’altra.
Niccolò annuì. "Ora dormirà per un bel po’".
Il vecchio che finora non aveva parlato sembrava, fra quei tre ospiti, il più lucido. Infatti fu l’unico a chiedere: "Perché? In che senso, dormirà per un bel po’?".
Niccolò alzò una mano e l’abbassò. Compì lo stesso gesto in orizzontale, a tracciare una croce. "Stamattina".
Il vecchio sbarrò gli occhi, impallidendo e scostandosi dalla sedia a rotelle.
Giunto alla casa della signora, Niccolò bussò una volta e spinse in avanti la porta, piano.
"Buonasera, signora. Le ho portato Bep… Giuseppe Dei Fanti, come mi aveva detto".
Niccolò avanzò nella stanza in penombra.
La signora era seduta in fondo, in un angolo, con la faccia rivolta al muro. Come se fosse in punizione.
Ma lui l’aveva sempre vista così: non conosceva il suo volto, lei era una vecchietta con uno scialle, vestita di nero, sempre voltata di spalle verso un angolo e sempre seduta su quella seggiola impagliata, in quella stanza illuminata solo dalla luce di tre candele sul tavolo al centro.
Dappertutto, c’erano statuette di angeli e santi.
"Dov’è?", chiese la signora. A Niccolò sembrò che stesse facendo qualcosa con le mani, tipo sgranare un rosario, ma non riuscì a vedere. La sua voce lo inquietava sempre un po’.
Indicò la porta. "Chi, Beppe? E’ nel baule della mia macchina".
"Vada a prendere il signor Giuseppe Dei Fanti e lo metta seduto sulla poltrona. Là". La signora, rimanendo sempre voltata, sollevò un braccio a indicare a Niccolò la poltrona.
"Okay", fece Niccolò. E pensò che forse era stato irrispettoso, e da quel momento in poi avrebbe chiamato il morto come aveva fatto lei, signor Giuseppe Dei Fanti.
Quando portò il corpo e lo mise seduto sulla poltrona, si accorse che sul tavolo al centro della stanza c’erano dei soldi. Le solite quattrocentomila.
"Ho messo il signor Giuseppe sulla poltrona, signora".
"Può andare", disse la donna.
Niccolò prese i soldi e li mise in tasca, deglutendo.
Di nuovo fu sul punto di dirle senta cara signora… sono mesi che andiamo avanti con questa cosa, io prelevo i morti che lei mi indica e a me non è che fanno schifo, ma non è molto divertente, e comunque c’è sempre un rischio grosso… e poi non so niente di lei, lei mi inquieta un po’, a dire la verità, non ho ancora capito se lei è una strega o cosa, e come faccia a entrare in casa mia di notte e lasciarmi quei messaggi sullo specchio, e insomma per farla breve quattrocento carte da mille cominciano ad essere poche, o mi spiega un po’ di cose o mi aumenta la tariffa.
"Grazie signora, arrivederci", disse, arretrando verso la porta.
E mosse gli occhi tutt’intorno a osservare quella stanza lugubre e silenziosa, e le ombre delle candele sui muri, i crocefissi e le statuette, e il vecchio Giuseppe seduto composto sulla poltrona, proprio come un ospite timido.
Dalla finestra, non molto lontano, si poteva vedere il muro di pietra che circondava il cimitero.
A mezzanotte Niccolò entrò e si nascose dietro una tomba, attendendo nel buio.
Ogni volta, non voleva perdersi quello spettacolo.
Lei probabilmente sapeva che lui si metteva lì a spiare… anzi, Niccolò ne era sicuro, che la signora lo sapesse.
Ma, allo stesso modo, era strasicuro che la cosa non le desse fastidio, e che anzi, le facesse piacere. Che la eccitasse, essere spiata.
Il vecchio cancello in ferro battuto si aprì in uno scricchiolio arrugginito. Entrarono due figure, un uomo e una donna. Il profumo della dama Niccolò lo conosceva bene: una fragranza di petali di viole, un profumo da bella signora… che nascondeva a malapena l’odore di decomposizione che stava sotto. E lei era bellissima: con lunghi capelli che sembravano d’oro, e un’eleganza e un portamento regali.
L’altra figura, che le teneva la mano, era quella del vecchio Giuseppe Dei Fanti, anche lui vigorosamente ringiovanito e imbellettato (e vivo, soprattutto), molto affascinante in un abito scuro.
Al chiarore della luna che si stagliava sulle lapidi e le croci, e dei centinaia di lumicini delle tombe, il vecchio Giuseppe circondò con il braccio la vita della sua dama, e con l’altra le tenne la mano.
I due cominciarono a danzare sul sagrato, fissandosi negli occhi in una danza passionale, fatta di movimenti scattosi, ma allo stesso tempo lenti ed eleganti, sinuosi.
Niccolò, dietro la lapide, accese una sigaretta e restò ad osservarli, e gli unici rumori che si udirono in quei minuti furono quelli dei loro passi di danza sulla ghiaia.
Era incredibile. Ogni volta la signora aveva un nuovo ballerino ed era sempre stupenda. Vederla danzare in quel modo era una cosa che faceva provare a Niccolò uno strano stato d’animo, romantico e bellissimo, che lo faceva quasi commuovere. Che struggente combinazione: come il sangue e il vino, come il mare e la pioggia. Come l’amore e la morte.
Alla fine del ballo, Dei Fanti fece un inchino alla signora e si esibì in un elegante baciamano. Poi, insieme a lei uscì dal cimitero, e Niccolò li guardò andarsene e si asciugò un occhio, voglioso di alzarsi in piedi ed applaudirli forte.
Una sensazione unica. Al diavolo la paga misera di quattrocentomila lire che lei le dava: gli avrebbe fornito ballerini anche gratis. Avrebbe portato alla signora tutti i morti che avrebbe voluto, andandoli a prendere nelle case di riposo, sulle strade, fra le lamiere delle macchine, nei fossati… dappertutto, purché lei, poi, lo lasciasse assistere a quelle danze magnifiche sotto la luna.
E, un giorno… o meglio, una notte… Anche lui, sì, anche lui, lo sapeva. Anche lui avrebbe danzato con quell’elegante signora che profumava di viole.

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Club G.Ho.S.T. (Gruppo-Horror-Space-Torino)
di Massimo Ferrara & James Garofalo
FANTASCIENZA, HORROR, FANTASY, MISTERI
PRODUZIONI & CULTURE UNDERGROUND
Redazione: c/o Massimo Ferrara,
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