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° THE DRESDEN DOLLS - "Yes, Virginia..." [Roadrunner, 2006]
E' strano a volte. E' strano scrivere 'ste due righe che chiamo recensioni. Perché io sono sempre qui seduto su questa sedia a battere due-tre idee, cercando di spiegare quello che provo quando sento qualche disco. E spesse volte arrivano Cd di nomi altisonanti che, davvero, faticano a girare nel lettore tanto è il loro tediante trascinarsi. Ma è così emozionante quando ti arriva qualche demo o roba simile da un gruppo che non conosci. Ti sembra di aver scoperto un tesoro, da custodire gelosamente per te. Ma poi ne parli, perchè è troppo bello per tenerlo "nascosto". Così successe per i Dresden Dolls qualche annetto fa. Quando ancora si potevano scrivere due
righe in una mail per avere risposte immediate, quando ancora la gente ti diceva "Chi?", quando una mia intervista pubblicata su queste pagine volle dire ricevere un "tot" di mail dall'America da italiani che vivevano a Boston che mi chiedevano "Ma come fate a conoscerli? Suonano solo qua in zona!!!". Ma in fondo lo sapevo. Ed è giusto così. E' giusto che questi due eccezionali ragazzi raccolgano i frutti del loro lavoro e poco importa se la massa che guarda Mtv pensa che siano un gruppetto emergente con due dischi all'attivo. Poco importa. Perché è la musica che conta e i nostri fin'ora non mi hanno mai deluso. Dopo un demo, un disco dal vivo e un debutto autoprodotto (ristampato su major l'anno scorso) ecco a voi i Dresden Dolls in versione "abbiamo più soldi per registrare". E devo essere onesto, lo shock è stato meno violento del previsto. Il disco è ad alti livelli come me lo aspettavo, anche se manca un po' di quella follia sciolta che caratterizzava i lavori precedenti. Le composizioni sono più studiate, smussate, arrangiate (ascoltate "Modern Moonlight" per capire cosa intendo), guadagnando sicuramente in qualità estetica, ma perdendo un po' dello "sporco" che caratterizzava quanto proposto in precedenza. Poco importa. "Delilah" segue lo stile delle ballate crepuscolari con esplosioni emotive, così come "Dirty business" si lega fortemente al loro modo di fare pop intelligente. "First orgasm" riprende le tematiche pungenti e piccanti della sfera in cui si infilava anche "Coin operating boy", seppur in modo meno ironico. Se c'è stato uno sviluppo evidente, si trova proprio nel modo di scrivere i testi, dove le parole non sono più lanciate a slogan, ma creano veri e propri scenari palpabili. D'altra parte, anche la scelta del titolo non è a caso. "Yes, Virginia", infatti, è la risposta che il direttore del Sun diede ad una lettera ricevuta da parte di una bambina di otto anni che si chiedeva se Babbo Natale esistesse davvero. Cosa può voler dire questo? Tutto o niente, dipende dal grado di cinismo che ognuno di noi, singolarmente, ha raggiunto nel corso degli anni. Ma la profondità dei testi di Amanda è una cosa su cui lascio volentieri le carte in mano a voi, dato che il giudizio non può che essere soggettivo in questo caso. L'unica cosa non soggettiva è che i Dresden Dolls non hanno tradito le aspettative, rimanendo fedeli ad un loro stile personale, limandolo e rendendolo più accessibile (era ovvio, no?). Che poi si siano coniati vocaboli come punk cabarettiano e brechtiano fa tutto parte di un marketing che, a quanto sembra, ha trovato due nuovi eroi. Per fortuna nostra, loro sono in gamba, e non poco. Aspetto dunque l'esplosione definitiva e sarà comunque piacevole accendere Mtv e vederli in mezzo a tutta quella fuffa. [Max 13-34]
Sito web:
www.dresdendolls.com
 
° THE DEADFLY ENSEMBLE - "An entire wardrobe of doubt and uncertainty" [Trisol, 2006]
Ecco a voi, siori e siore, il nuovo disco dei Cin... ehm... di Lucas dei Cinema Strange. Il perché di questo finto lapsus può essere chiarito subito al primo ascolto. Il lavoro infatti ci svela un segreto che forse in pochi sospettavano, ovvero che buona parte dello stile del cinema strano, quello derivante dal neoclassico per intenderci, deriva proprio da Lucas, compositore e ottimo chitarrista (non ve lo aspettavate eh, darkettine adoranti del folletto dai ciuffi biondi) capace di creare affreschi barocchi come l'opener "Bruise animals" o ballate oscure come la successiva "Midsummer William". Essì, è proprio il caso di dirlo. Sembra proprio che l'anima del tutto sia lui,
perlomeno a sentire queste (splendide) quindici canzoni. Favole, fiabe distorte per bambini cresciuti e non (alla fine le vere favole non avevano il finale che ci raccontavano da bambini, no?), dolcezze ("Cariadoc's kiss", "The flight of the invisible siamese three-year-olds") e composizioni articolate ("In defense of a threepenny purse") si alternano a semplici ballate acustiche ("An entire wardrobe of doubt and uncertainty"), a pezzi più darkwaveggianti (la splendida, soffice e sognante "John fall apart John" vale da sola a mio avviso l'acquisto del Cd), sperimentazioni varie ("Marimba improvisation No. 29", "Closing remarks") o brani già sentiti in sede live dai Cinema Strange ("Tee mit honig"). Chiude in bellezza "Kriminal tango", interpretata da un ospite d'eccezione, un certo Andi Sex Gang, personaggio che con la sua creatura Sex gang Children è sempre stato ritenuto un po' il padre putativo dei Cinema Strange. Un cerchio che si chiude? Forse. Ma questo disco è molto di più. E' la dimostrazione che i membri della band più chiacchierata, amata/odiata e discussa della scena siano dei musicisti veri, in grado di comporre canzoni eccellenti a prescindere dal contesto o dal nome portato. Un'ottima prova solista, che permette a Lucas di dare sfogo a tutte le sue influenze, libero dalle pressioni deathrockettare degli altri Cinema. Un disco che farà felici sia gli amanti della corrente che chiamano cabarettistica, sia di cloro che preferiscono perdersi in musiche medievali e neoclassiche. Una specie di Sopor Aeternus meno pomposo e goticheggiante, per intenderci. Ottima prova. Ah, la versione è a due Cd, il secondo dei quali contiene il disco per intero commentato dallo stesso Lucas. Evitabile, a dire il vero. [Max 13-34]
Sito web:
www.myspace.com/thedeadflyensemble
 
° TRAGIC BLACK - "The decadent requiem" [Strobelight, 2006]
E finalmente ci sono arrivati anche loro. Seguo i Tragic Black dagli esordi, da prima che uscisse "Articulate lacerations" per essere chiari e ne ho viste-sentite di tutti i colori in questi anni. Tra cambi di formazioni, beghe legali per l'utilizzo o meno di vecchie composizioni, offerte di contratto fatte e ritirate, i nostri sono ancora qua e il nucleo "storico" composto da Vision e Vyle continua a mietere vittime, affiancati da tre "nuovi" musicisti (che avevano già suonato comunque in "Burnt black"). Trovano spazio su questo debut molte canzoni a noi già note, che erano presenti sia su "Burnt black", sia su "The sixxx premonitions". Riregistrate e remixate, hanno
un appeal molto più aggressivo, con sfociate pesanti che si avvicinano non poco ad alcune cose fatte dal sig. Manson. Che sia questa la nuova direzione intrapresa dai nostri? Può essere. Anche dando un occhiata ai videoclip presenti nel Cd (molto carini e girati non male) si denota questa evoluzione verso quel tipo di immagine/suono. Nonostante sia rimasto il loro trademark, fatto di pochi accordi semplici e diretti, con atmosfere alternate tra l'agressivo ed il malinconico, il tutto ha cambiato un po' di sapore. Rimangono legami col passato ("Fading echoes" ad esempio) ma so già che chi ha amato i vecchi lavori dei nostri rimarrà un po' scioccato, nonostante le avvisaglie c'erano già state in precedenza. Hanno perso in freschezza, ma guadagnato in carica, produzione e cura dei suoni. Se questo sia un bene o un male sta a voi giudicarlo. [Max 13-34]
Sito web:
www.tragicblack.com
 
° LE VENE DI LUCRETIA -  "Le Vene di Lucretia" [autoprodotto, 2006]
C'è poco da fare, questo disco dimostra la leadership qualitativa del deathrock italiano nel vecchio continente: non ci sono "creste" francesi o spagnole che tengano al confronto con lo stile e il talento delle nostre band. Nello specifico, Le Vene di Lucretia si pongono, come ho già riferito nelle Goth News del sito, al centro di un triangolo che ha per vertici alcuni grandi nomi della scena oscura, il primo dei quali è rappresentato dai Madre del Vizio. La creatura di Fulvio Tori lascia indelebile il suo segno nell'espressività del cantato di Lorenzo Manetti - "La vestizione", "Madre nella veglia" - paragone favorito dalle liriche in italiano delle canzoni a cui va il
mio totale favore: in un periodo di appiattimento musicale, i testi nell'idioma del proprio paese danno sempre quel tocco di originalità che l'abusato e "commerciale" inglese toglie. L'influsso dei MdV non si riflette però sul sound del disco, sicuramente più variegato e che ci porta al secondo vertice del citato triangolo: il deathrock alla Bohémien. Ho indicato il gruppo romano non perché vi sia una diretta conformità tra la musica dei due combi, ma per far capire come il sound delle Vene di Lucretia, come quello dei Bohémien, ha radici ben piantate nella wave italiana - "Bruciando Venezia" - e nel dark rock inglese anni ottanta attualizzati al moderno american gothic tanto da concretizzarsi in hit come "Harem" o "Santa violenta". Infine si ritrovano in questo disco tutte le sensazioni che provocano i gruppi di quella che io definisco "la scuola deathrock ciociara". In questo caso parlo di sensazioni di inquietudine e tensione permeanti l'intero album che spossano mentalmente l'ascoltatore tanto che i trenta minuti, in parvenza pochi una volta introdotto il Cd nel lettore, ne saziano totalmente la sua "voglia di oscurità". Canzone simbolo di angoscia è la strabiliante "La morte degli amanti" che per tensione vedrei bene come sottofondo musicale nelle scene più malsane de "La casa dalle finestre che ridono" di Pupi Avati. "Le vene di Lucretia": in una sola parola, capolavoro. [Mr.Moonlight]
Sito web:
www.levenedilucretia.it
 
° ECHOES OF SILENCE - "Echoes of silence" [In the night time, 2006]
Ecco finalmente arrivare il debutto. Dopo una manciata di concerti e qualche mp3 che circolava malandrino e piratato in rete, la band capitolina mette a segno un gran colpo e ci presenta questo disco d'esordio che, seppur datato 2006, potrebbe essere benissimo stato partorito 25 anni fa. Joy Division nel cuore, nell'anima e tatuati sui nervi, la Factory come seconda casa spirituale e tonnellate di post punk sono gli ingredienti di queste nove tracce che se non brillano di originalità, hanno perlomeno il pregio di ridonare alle nostre orecchie quei suoni che ci hanno affascinato anni fa e che continuano a regalarci emozioni ancora oggi. Sin dall'opener "Cold" le carte sono
messe in tavola senza possibilità di erore. La voce Curtis-iana di Carlo, unito alla ritmica tribale e secca di Giampaolo e Andrea alla quale va ad incastrarsi alla perfezionei la chitarra secca e ruvida di Paolo, creano atmosfere plumbee che sembrano provenire da "quell'inghilterra" di "quegli anni" che viveva la musica in "quel modo". Alcuni potrebbero vedere del plagio in queste canzoni. Io, personalmente, ci vedo un sentito tributo, verso quei suoni e quelle emozioni. E rinfrescarci le idee non fa mai male. Buoni. [Max 13-34]
Sito web:
www.echoesofsilence.it
 
° THE WEEGS - "The million sounds of black" [Hungry eye, 2006]
Ok. E' un dato di fatto. Lo dicevo quando uscì il disco di debutto: questi qua sono fuori. E il tempo mi sta dando ragione. Questo secondo album per il combo meid in iuessei è ancora più schizoide e deviato del precedente! Impossibile non notare l'evoluzione sonora dal precedente "Meet the Weegs", disco già folle di per se, che a tratti quasi scompare di fronte a settanta minuti di sperimentazioni dove i ragazzi di Frisco davvero sembrano non aver dato limiti alla loro concezione libera di fare musica. Cosa ne risulta? Disco punk? Nu no wave? Non lo so e non mi importa. Il tiro assassino di canzoni come "Two and three eighths", la paranoia
strisciante di "65 mph", la berlinese "Rations", il collasso punkcore di "Hot dog stand"... dio questo disco è davvero folle! Ma l'apice del magma sonoro gli Weegs lo raggiungono con "The million sounds", quarantacinque minuti di pippe sonore, lunghissima suite lisergica ed acida di rumori, feedback e cacofonia alternata al silenzio. Se a questo aggiungete che nel brano sono ospiti due personaggi come Militant Children's Hour e Veuve Pauli dei Sixteens il gioco è fatto. Inutile sottolineare come questo disco sia tra le cose migliori uscite da quella scena americana negli ultimi mesi. Scena che, orfana ormai di capisaldi come Vanishing e Phantom Limbs (ma torneranno?) ha trovato negli Weegs i nuovi alfieri di un certo modo di fare musica. Disturbante ma non tediosa. Intelligente ma non autoindulgente. Ottimo disco. [Max 13-34]
Sito web:
www.realgone.org/weegs
 
° DIAFRAMMA - "Albori" [Self, 2006]
Allora, la (seconda) ristampa di Albori è di quanto peggio mi sia capitato di vedere ultimamente. Confezione pessima, con copertina incollata (!!!) su box quadrato e due Cd dentro custodie di plastica floscie.... Poi, il dvd... capisco che le riprese sono quello che sono e infatti il problema non è questo, ma su uno dei due concerti (quello a Ferrara), NON SI RIESCE A SENTIRE L'AUDIO tanto è masterizzato basso, cosa che poteva essere risolta con qualche ritocco (son cosette che faccio pure io, suvvia...). E, per concludere, mancano alcune tracce rispetto alla ristampa di qualche anno fa ("London Lady", "Ragazzo vuoto", "Idillio high-life", "Insonnia" e una
senza titolo a favore di "Specchi d'acqua" nella versione cantata da Nicola Vanini e contenuta sulla compilation Body Section del 1983, "Sdoppiamento" e "In una finestra nera" entrambi demo risalenti al periodo pre-Siberia, già rintracciabili su Live and Unrealesed). Vabbeh... Restano comunque le canzoni, bellissime, che hanno accompagnato anni di musica underground oscura e non. Da "Pop art", a "Xaviera Hollander", a "Pioggia"... tutti splendidi affreschi di un quadro che ora non c'è più... In ogni caso, per chi non li conosce, acquisto obbligato. Prendete questo, "Siberia", e dimenticate il resto, a meno che non restiate affascinati dal cantautoriale sghembo di Fiumani, uomo da amare od odiare, sia artisticamente, sia umanamente. Personalmente, ribadisco il mio amore per le loro prime cose ma (e so che accenderò un vespaio...) erano mooolto, troppo, Joy Division per poter essere "grandi". Ovvero, scopiazzavano parecchio, pur facendolo bene. Ciò non toglie che come han copiato loro, in Italia, pochi hanno fatto, perlomeno in quegli anni. Da avere. Anche se ribadisco che questa ristampa è una occasione un po' sprecata. [Max 13-34]
Sito web:
www.diaframma.org
 
° CURRENT 93 - "Coptic european tour Cd" [Post romantic empire, 2006]
Più che un vero e proprio mini Cd, un feticcio per tutti gli amanti del combo di Tibet & Cco. Tre nuove versioni di brani tratti da "Black ships at the sky" ("Then Kill Cæsar", "This autistic imperium is nihil reich", "VauVauVau - Black ships in their harbour") che non tolgono nè aggiungono molto a quanto ascoltato su disco, ma che risultano comunque curiosità che appagano a sufficenza il desiderio completistico del collezionista currentiano. Limitato a mille copie, il Cd è racchiuso in un sobrio ed elegante digipack dalla grafica semplice ed accattivante. Accattatevillo. [Max 13-34]
Sito web:
www.precordings.com
 
° ALL GONE DEAD - "Fallen & forgotten" [Strobelight, 2006]
Atteso da molti, finalmente esce il debutto degli All Gone Dead e, come al solito, i "molti" si dividono in due frange. Quelli che incenseranno il lavoro a prescindere e quelli che senza ascoltarlo e soffermandosi solo sulle immagini dei nostri lo distruggeranno a priori. Chi li eleggerà a nuovi paladini del deathrock e chi li polverizzererà come la solita pagliacciata all'americana (anche se di USA hanno solo l'ex Tragic Black Stich, glialtri due membri sono inglesi e la band risiede a Londra). Secondo voi il sottoscritto, dopo aver adorato il mini Cd d'esordio, da he parte sta? Da quella dei propositivi, ovviamente, ma senza incensare. Sinceramente dopo l'scolto
folgorante dei tre brani usciti tempo fa mi aspettavo un debut al fulmicotone. Cosa che non è accaduta. Il disco è molto carino e, come previsto, segue fino ad un certo punto il filone deathrock, essendo l'asse spostato più sulla new wave classica anni '80 ("Vivid still breathing") con sguardi vaghi anche a certa elettropop (vedi "New speak room 101"). Le sferzate deathrock ci sono ("Skritch'n'skrill")ma non sono di certo la colonna portante dell'All Gone Dead sound. Le nuove versioni di "Orchids in ruin" e "Sunday went mute", tratte dal mini d'esordio, sono leggermente più piatte delle originali, perdendo un po' del pathos originario. Le venature "'abilly" di Cedric Krane, seppur simpatiche, staccano un po' con tutto il resto, mentre le venature malinconiche discendenti di "Within but not before" piacciono ma sembrano sempre mancare di quel grammo di feeling in più che le renderebbe davvero dei bei brani. Insomma, un disco non male, ma che ha tradito un poco le mie aspettative iniziali. Forse l'incontro con il debut album è stato troppo repentino per la band che ha ancora bisogno di tempo per affilare le proprie armi e correggere il tiro. Le premesse ci sono tutte, il disco è molto piacevole, ma non è il capolavoro che mi aspettavo. Colpa mia, probabilmente, che avevo aspettative troppo alte. Di certo bollarli come l'ennesima niu sensesciò del deathRock è un idiozia, dato che il lavoro è molto eterogeneo e vario. Provateli, ascoltateli senza preconcetti e fatemi sapere. [Max 13-34]
Sito web:
www.allgonedead.net
 
° THELEMA - "Tantra" [In the night time, 2006]
Era ora che qualcuno mettesse mano ai vecchi nastri dei Thelema e li ristampasse! E chi se non In The Night Time poteva farlo? L'etichetta capitolina in pochi anni di vita sta svolgendo un ottimo lavoro di recupero riguardo vecchi tesori dimenticati, nonchè producendo nuove band di ottimo livello. Curando sempre i particolari grafici e sonori in modo impeccabile, ITN cerca di regalare all'ascoltatore un prodotto di qualità, che sia utile sia al neofita che non vuole spendere cifre inarrivabili per vere il materiale delle band trattate, sia al vecchio appassionato che cerca quel qualcosa in più. Anche in questa occasione le cose sono state fatte alla grande.
Troviamo quindi su questo Cd l'album "Tantra", uscito originariamente per la Splittle Records nel 1986, due brani provenienti da compilation, tre brani che componevano il 7" "Rosa alchemica" e due inediti del 1984, per un totale di sedici brani che trasudano gothic rock oscuro da tutti i pori. Le tematiche occulte della band si sposano con nenie funebri, tra percussioni tribali, cantati evocativi e musiche avvolte in drappi neri e violacei. Un vero capolavoro di musica "nera", quello dei Thelema, ingiustamente snobbato dai più a favore di pagliacciate che seguivano il trend del momento. Thelema che, tra l'altro, sono tornati recentemente sulle scene con un nuovo album che mi dicono sia una bomba. Non l'ho ancora scoltato, ma se riuscirà ad avere almeno un grammo della carica di queste tracce, sarà sicuramente ottimo. Un Cd imprescindibile per tutti gli amanti della darkwave oscura di primi anni '80. Ottimo lavoro. Foto e testi all'interno del booklet. [Max 13-34]
Sito web:
www.inthenighttime.it
 
° AUTONERVOUS - "Autonervous" [Cochoon records, 2006]
Lo aspettavo. Lo bramavo. Lo desideravo. E alla fine è arrivato. Il tanto agognato disco che univa Jessie Evans (ex Vanishing, Subtonix, ecc...) e Bettina Koster (ex leader delle Malaria!) è nelle mie mani. E non posso non esultare. Perché tutte le aspettative che avevo a confronto si sono rivelate inferiori al risultato finale. Un disco eccellente, che distrugge tutti i cliché della musica alternativa e si ricostruisce, trionfante, su quelle macerie. Sin dall'opener "Anchors aweigh" le cellule cerebrali cominciano a viaggiare e a scontrarsi l'un l'altra in una frenetica danza in bilico tra euforia repressa e godimento puro. Perché è un piacere unico sentire LA voce
femminile di inizio millennio (perché ditemi quello che vi pare, ma Jessie Evans è la numero uno in questo. Punto.) dettare con quella più matura, bruciata dalle sigarette eppur così calda ed espressiva di Bettina. E le sperimentazioni sonore in salsa Tones On Tail di "Don't walk"? Dio mio come l'adoro... Non c'è nulla che non funziona in questo disco. Il gusto electro retrò minimale di "Still kaltes", le strizzate d'occhio alla disco di "Gold", la decadenza nera come la pece (ma con le stelline che brillano) di "Hello lovers" (che mi ha riportato alla mete alcune soluzioni presenti negli ultimissimi Vanishing, a dimostrazione di quanto Jessie fosse stata fondamentale non solo a livello estetico/vocale,ma anche compositivo per il combo americano). E la lenta e sensualissima "Sax new age"? E la schizoide "Easter bunny"? Questa deve essere una hit!!! E poco mi frega che in pista scenderebbero in due... ma questa è roba che scotta. Malata e viziosa, poggiata su ritmiche ossessive a mò di mantra ti entra nella testa e ti fa perdere il contatto con la realtà, trasportandoti altrove mente, inspiegabilmente, il corpo continua a muoversi senza fermarsi. "Why shiver" ci fa riprendere fiato, prima di ricadere totalmente nel vortice con "Prescription", nerissima mini piece per voce recitata e rumori ambient, che chiudono il cerchio riaprendone un altro. Che dire dunque? Che questo concetto Malaria incontrano Vanishing è perfetto. Non appoggiandosi nè su le une nè sugli altri, il risultato è un efficacissimo amalgama di ciò che le nostre sono state, sono e saranno. Nessuna scopiazzatura, nessun rimando particolare. Solo qualcosa che definirei, una volta tanto, originale. Disco essenziale per gli amanti di un certo tipo di suoni. Disco da evitare come la peste per tutti i trendisti dell'ultima ora. Niente cerone e pipistrelli e brani di facile presa qua. Niente lacrime versate per nulla e niente facciate pouseristiche. Sensualità, follia, suono. Tutto qua. E non è poco. [Max 13-34]
Sito web:
www.autonervous.com
 
° MADAM - "Madam" [autoprodotto, 2006]
Appunto. No dicevo, Firenze ha dormito per un bel po', e poi mi arriva il disco delle Vene di Lucretia e tutto cambia. Perché quel disco è eccellente. E dopo un po' che mi arriva? Questo diso dei Madam. E allora comincio a pensare che la cosa sia grossa e che non ci siamo trovati di fronte ad un caso isolato, ma ad una realtà vera e concreta che sta (ri)nascendo in maniera prepotentemente efficace. Forse non è un caso che nei Madam troviamo, al basso, Tiziano Bellini, chitarrista delle Vene. Forse non è un caso che qui ritroviamo gli stessi suoni, seppur sviluppati in maniera diversa. Siamo di fronte ad un Ep che condensa, in quattro tracce più intro,
ciò che era il gothic rock con venature deathrock dei primi anni '90 portato ai giorni nostri senza le solite influenze metal, electro o roba varia. Un diso per puristi? Forse. Ma va bene così perchédopo un intro breve ed efficace, parte "Far away", lancinante e sognante, carica di emotività decadente che va a baciarsi con la seguente "Save me", davvero, un brano da lacrime. Uno dei refrain più belli degli ultimi mesi, per me. Ppoco importa se il tutto sa di già sentito, perché i nostri non copiano spudoratamente nessuno, al massimo raccolgono quanto seminato dalle band del periodo d'oro personalizzandolo. Brano, ripeto, eccellente, che una volta entrato in testa non esce più, segnando solchi profondi di emozioni decadenti con quella punta di malattia che amo. "Bleed for lust" è puro goth rock gettato in pasto ai nostri timpani, mentre la conclusiva "Vampire lovers" è la degna conclusione di un mini Cd che mi ha sconvolto, tale è la sua bellezza. Esagerato? Forse. Ma mettetevi nei miei panni: non capita tutti i giorni di ascoltare un lavoro così. No, non capita. Siamo sommersi da tonnellate di uscite che vengono spacciate per goth senza motivo, dato che sono sempre tutt'altro. Sono stanco di ominidi vestiti di nero che per entrare in un mercato di nicchia infilano due o tre parole fighe nei titoli delle canzoni, si fanno fotografare nei cimiteri e rilasciano interviste oscure (oh, mio dio...) nonostante le loro proposte siano semplicemente electro, techno, metal o quello che vi pare. Gruppi come i Madam sono qui per dimostrarci che il dark, quello vero, non è morto. Grande mini. [Max 13-34]

Sul sito dedicato ai Madam di Myspace campeggia la frase "We would like to think that we play just like Madam" il che indica, per una band che suona un genere "spolpato di creatività" come il gothic-rock, una forte fiducia nei propri mezzi e perché no, anche un pizzico di coraggio. Dopo l'ascolto del mini Cd il quintetto fiorentino, che divide Tiziano Bellini (qui bassista) con Le Vene di Lucretia, si dimostra maturo per un lavoro sulla lunga distanza ed anche abbastanza originale nelle composizioni. "Madam" si potrebbe sintetizzare nel motto: "Un cuore di gothic-rock ricoperto da una cascata di darkwave". Prima che qualche società di gelati mi chieda i diritti per lo slogan, chiarisco che delle quattro tracce, quelle che stanno agli antipodi hanno una chiara influenza wave "fiorentina" anni ottanta, mentre le due tracce centrali sono agressive e più propriamente (goth)rock. L'iniziale "Faraway", anticipata da un intro pianistico, ha un andamento diretto dai synth che ne cadenzano l'intero incedere e che mi riportano alla memoria le prime composizioni dei mantovani Mistery Plays ma con una marcia in più. La conclusiva "Vampire lovers", come "Faraway" inizialmente comandata dai synth, si distingue dal quest'ultima per essere molto più nervosa con continui cambi di ritmo apportati ora dalla sezione ritmica, ora da chitarre taglienti per poi concludersi con un tenue outro pianistico. Delle due tracce centrali "Save me" soffre di sdoppiamento di personalità, dividendosi tra aggressive chitarre sovrastate dalle folli grida di Patrik Morrigan G. nel refrain ed un andamento bilanciato dalla sezione ritmica e da una chitarra arpeggiata vagamente arabeggiante nel resto della canzone. Last but not the least "Bleed for lust" una massiccia song che manderà in brodo di giuggiole tutti i più assuefatti ed esigenti consumatori di gothic-rock come il sottoscritto. Questo ottimo lavoro dei Madam conferma la rinnovata vivacità della nuova scena oscura italiana che affianca ai gruppi già sotto contaratto con labels quali In The Night Time o Nomadism, realtà molto interessanti come Le Vene di Lucretia, Interior Deus, Atimia, Christabel Dreams, In Loving Memory o gli "Afterhours del dark" Madame Lingerie. [Mr.Moonlight]
Sito web:
www.myspace.com/madamwebpage
 
° KITSUNE - "Kiss kiss bang bang" [autoprodotto, 2006]
Ritornano i Kitsune, ottima band del trevigiano, e ritornano alla grande. Quattro pezzi di buona fattura che ci dimostrano, se ce ne fosse stato il bisogno, di quanta bravura i nostri possano buttare fuori nella composizione di brani propri, risultando superiori a molte delle blasonate uscite internazionali contemporanee e non. "Cry out" è un ottimo punto di partenza, con Silvia che dipinge scenari emotivi velati di grigio, mentre le due chitarre di Marco e Matteo incesellano armonie andandosi ad incastrare perfettamente sulla solida sezione ritmica di Riccardo e Fabio. Si prosegue con lo schizzo pop malinconico di "Vapid", una delle composizioni
migliori dei Kitsune amio avviso. Breve, semplice, intensa ed efficace, riesce ad incarnare alla perfezione la loro anima, fortemente legata a certe sonorità '80 ma sempre con lo sguardo diretto al presente. Buona anche "Maiko", ottimo preludio "leggero" al vorticoso finale affidato a "Doll to doll", pura esplosione post punk/new wave emotiva e coinvolgente, con tanto di finale catartico da brividi. Da ascoltare ad alto volume, questo mini racchiuso in una particolare confezione quadrata fa ben sperare per il futuro dei nostri. Evitare di ascoltarli solo perchè "sono italiani" è una delle cose peggiori che potreste fare. Ottimo dischetto. [Max 13-34]
Sito web:
www.myspace.com/kitsunetsuki
 
° ETERNAL JOY - "Eternal joy" [Skinny records, 2004]
Dopo la latitanza di qualche mese, il mio "apostolato" di promozione verso le band che hanno segnato il genere gothic-rock nei loro paesi d'origine ma che sfortunatamente non hanno mai varcato in popolarità i propri confini nazionali prende in considerazione la Norvegia, ed in particolare gli Eternal Joy. Di questo gruppo "di culto" ho l'onore di recensire - essendo un lavoro tutt'altro che di facile reperibilità - il debutto omonimo pubblicato come cassetta autoprodotta nel 1997 e successivamente rimasterizzato in cd nel 2004. La scelta è ricaduta sul primo lavoro del gruppo, nonostante tutti e quattro gli album della loro discografia siano ben al di sopra della
media, per sottolineare il fatto che una band già all'esordio, con pochi mezzi finanziari e tecnici, può dimostrarsi matura anche senza i cosiddetti "anni di gavetta". Diciamolo subito senza tanti fronzoli: "Eternal joy" è un piccolo capolavoro. Sembrano i Cure di "Pornography" teletrasportati dal 1982 al 1997 ma con solido background di ascolti gothic-rock alle spalle (Sisters of Mercy e, soprattutto, The Mission) da parte dei loro componenti. Tre canzoni presenti in questo lavoro saranno scelte per completare il primo vero full-length della band "Arrogance e charm" del 1998: "A certain laziness" (titolo poi ridotto a "Laziness"), diretta  gothic-rock song dai riffs da subito ben orecchiabili, "Drowning figurehead" (titolo poi ridotto a "Drowning"),  ed "Innerspace". Proprio in queste ultime due tracce è racchiuso il carattere originale della musica targata Eternal Joy: giri chitarristici liquidi e scorrevoli ma nello stesso tempo tesi ed angoscianti, drum machine ("Llittle drummer boy") dall'icedere sempre minaccioso, voce di Oystein Sjolie praticamente identica a quella di un Robert Smith d'annata. Il tutto porta a delle sensazioni nell'ascoltatore provate solamente ascoltando "Pornography" dei Cure o canzoni come "Emeritus" e "Flagellation and dancing" dei This Burning Effigy. La stessa formula musicale è presente anche nella opening-track "Thirst", dal testo vampirico, ed in "Pleasure", dagli eleganti arrangiamenti malamente supportatati da una produzione troppo "casereccia". Discorso diverso per le ultime tre canzoni "esclusive" di questo debutto, in cui l'anima (cold)wave degli Eternal Joy rompe a suo favore l'equilibrio con quella gothic-rock: "Meassages in blood", "A moltitude of ignorable dust" e specialmente "Lust" sono cupi acquarelli di raffinatezza dark provenienti direttamente dagli anni ottanta. Questo piccolo contributo critico spera di aver pungolato la curiosità dei lettori sugli Eternal Joy, band che ha deciso di prendersi una pausa - al momento perenne - nel 2003 e che ha influenzato lo sviluppo del gothic-rock in una nazione da sempre metal come la Norvegia. [Mr.Moonlight]
Sito web:
http://home.chello.no/~sjolie/eternaljoy
 
° AAVV - "Into the darkness, vol. 3" [Nightclub records/Crazyclips, 2006]
Dvd compilation zeppa di nomi noti e meno noti, con estratti live e video promozionali di qualità altalenante. Per rendere un grammo di giustizia alle band presenti, descriverò brevemente tutto quello che ho visto (anche se l'intro con le solite gotiche zoccole potevano risparmiarselo... ovvio e squallido, a mio avviso). Project Pitchfork - "Knka". Registrato dal vivo al Markthalle nel 2005. Riprese standard per un esecuzione nella media, che rende abbastanza l'idea di un loro live show. Lacrimosa - "Ich bin der brennende komet". Dal vivo al M'era Luna del 2004. Non li sopporto in studio, non li sopporto dal vivo, non li sopporto in video. Non li sopporto. Che ci devo fare? Eppure la gente là sotto sembra compiaciuta... bah, sarò io che ho dei problemi... Audio ottimo, riprese discrete. Diorama - "The girls". Dal vivo al Markthalle del 2005. Pezzo noioso, presenza sul palco noiosa... una noia totale insomma. The Birthday Massacre - "Horror show". Dal
vivo al M'era Luna del 2005. Pioveva un sacco, ma chi se ne frega. I Birthday Massacre non saranno di certo il gruppo più figo della storia, ma sono furbetti e fanno canzoni furbette, con un look furbetto e una cantante che dà l'idea di essere altrettanto furbetta. Un pò come lo erano gli Orgy, volendo. Riprese decenti, pezzo molto catchy nel suo genere, fa capire come i nostri siano ancora un pò troppo acerbi per i posti grossi all'aperto, ma le carte ci sono...Pink Turns Blue - "Michelle". Dal vivo a Kir nel 2005. Ecco, a me loro piacevano e piacciono. Semplici e crudi, eppure così caldi... audio sotto la media, riprese non eccelse ma il pezzo è molto bello e loro sanno riempire il palco pur nella loro semi-staticità. Ottimi. On The Floor - "Killing Queen". Dal vivo al Markthalle nel 2000. Zero presenza sul palco, zero qualità per un pezzo che potrebbe essere di tutti o di nessuno e non ci sarebbe differenza. Evitabili. Welle:Erdball - "Starfighter f-104g". Dal vivo al Markthalle nel 2005. Mi chiedo solo se gli aereoplanini di carta che vengono lanciati all'inizio del pezzo abbiano dei messaggi, siano le fatture del dentista o siano semplicemente fogli bianchi. Bah... simpatici, poco più. Fixmer/McCarthy - "Destroy". Dal vivo al M'era Luna nel 2004. Riprese e audio nella media per una performance che mi ha ricordato perchè Dirk Ivens resti sempre e comunque un gradino più in su degli altri. La fisicità deve essere vivida e vissuta. Qui non manca, ma poteva essere fatto di meglio, soprattutto per l'uso delle luci. Buon pezzo, comunque. Qntal - "Flamma" . Dal vivo a Knust nel 2005.  Non male, anche se li avrei visti meglio in una location più adatta. Ma va bene comunque, almeno abbiamo un idea di quello che ci aspetterebbe se ce li trovassimo in concerto sotto casa. Deine Lakaien - "Reincarnation". Dal vivo ad Hannover nel 2005. Riprese bruttine con un palco fin troppo scarno. Peccato, mi aspettavo qualcosina in più, ma vabbeh. Escape With Romeo - "Somebody" . Dal vivo all'Acoustic Gebaude nel 2003. Piacevolissimi nella versione acustica, gli Escape with Romeo danno l'impressione di suonare con l'anima. E non è poco. Davvero bello. Nightwish - "Nemo". Videoclip. Una carrellata di alcuni tra i clichè più ovvi di un certo tipo di gothic metal. E non parlo solo del video, ma anche della canzone. A qualcuno piacerà di sicuro, tra montagne, neve, freddo, colori ultracontrastati, chitarrozze metallare e voce femminile... zzzzZZZZZzzz... Funker Vogt - "Fallen hero". Videoclip. Loro li conoscete. Ebbiemme e così via. Carino il video, girato per metà in studio (il classico finto-live) e per metà tra foreste e montagne. Dove e perché corra sto tipo però mica l'ho capito... anche se il finale a sorpresa avrebbe dovuto spiegarmi tutto... ma sono chiuso mentalmente... Subway To Sally - "Sieben". Videoclip. Ancora metallari vestiti di nero, ancora organo sessuale femminile usato per riempire dei vuoti d'idee. Nulla di che. Scream Silence - "Creed" . Videoclip. La canzone non mi dispiace, anche se i passaggi metallosi non fanno al caso mio, ma il video, piur sfruttando un idea già usata varie volte (l'uomo-marionetta più bambole sparse, ecc...) è uno dei migliori dell'intero dvd. Caruccio. Wolfsheim - "The sparrows & the nightingales". Videoclip. Clip di uno dei maggiori hit da dancefloor dei Wolfsheim. Sobrio bianco e nero per un video molto '80, carino tanto quanto la canzone. Schelmish - "Rabenballade". Videoclip. La ballata del corvo è un vero e proprio mini filmetto ambientato nel medioevo, carino e girato bene. Nonostante non ami il genere, il video è di qualità e si lascia guardare con piacere. Insomma, diciassette video tra live e clip per avere un idea generale su quello che và in Germania. Niente di eccezionale, ma di sicuro un diversivo ideale per passare una serata tra amici davanti alla tv. [Max 13-34]
Sito web:
www.nightclubrecords.de
 
° CORDE OBLIQUE - "Respiri" [Ark records, 2006]
Piacevolissimo progetto con a capo Riccardo Prencipe, ex chitarrista e leader dei Lupercalia. Attorniato da una serie di musicisti eccellenti (Corrado Videtta degli Argine, Luigi Rubino degli Ashram, Catarina Raposo dei Dwelling, Alessandra Santovito degli Hexperos ed ex Gothica, Alfredo Notarloberti, Caterina Pontrandolfo, Francesco Perreca) il nostro ci propone quello che potrebbe essere considerato il terzo lavoro da solista, seppur stavolta sotto una nuova denominazione. Il motivo di questo potrebbe essere semplice. Gli ospiti non sono dei semplici gregari, ma danno un forte apporto a tutte le interpretazioni, arricchendo in modo notevole il carico di pathos
che si respira durante l'ascolto del lavoro. Tra melodie sognanti, viaggi ancestrali e riflessioni interiori, queste quindici tracce emozionano e rapiscono in maniera totale. La forza delle composizioni è a mio avviso il desiderio di essere ascoltate e vissute, più che interpretate e capite. Manca quindi (per fortuna) quella pretenziosità che troppo spesso affligge lavori del genere. Brani come la cantautoriale "Eventi" o la malinconica "Winds of fortune" si alternano ad altri episodi più recitativi e poetici, creando un amalgama veramente convincente. Un acquisto obbligato dunque, specialmente per chi ama perdersi in sonorità simili. Per chi invece si spappola il cervello con Hocico o Tragic Black, passare oltre. [Max 13-34]
Sito web:
www.arkrecords.net
 
° CALLE DELLA MORTE - "Peste 03" [hau ruck/s.p.q.r, 2006]
Finalmente ristampato (anche se in edizione ultra limitata in vinile di 250 copie) il bellissimo "Peste 03" dei Calle della Morte. Nel corso di pochi anni il duo formato da Vinz e Johnny B. ha creato attorno a se un alone di mistero che gli ha portato ammiratori e detrattori, come nelle migliori storie di casa nostra. preferisco sorvolare sulle questioni puerili da forum vari per soffermarmi ancora una volta sulla qualità delle composizioni, che rileggevano in modo personale e particolare il neofolk, donandogli uno smalto nuovo e caratteristico. "Gente di malaffare", "Venezia", "Tardo autunno" restano delle ballate cantautoriali raffinate e taglienti, così
come "La mensa dei morti" e "Gli uomini e le rovine", brani che mi hanno accompagnato per diverse serate post-goliardiche quando l'atmosfera si fa più rarefatta e l'allegria lascia il posto alla realtà. Come una maschera, i Calle della morte hanno il potere di svelare "cosa c'è sotto" senza far troppo rumore, senza proclami o slogan, con testi semplici che se non sono piccole poesie quotidiane poco ci manca. Un ottima ristampa dunque, che ha il pregio secondo me di uscire in formato vinile 10", supporto che rende davvero giustizia alla magia che traspare dalle note di quelle sei tracce. Splendida e minimale la copertina (sottratta? Chissà... poco importa...), piccole gemme immortali le canzoni. Fatelo vostro. [Max 13-34]
Sito web:
www.calledellamorte.com
 
° ASHRAM - "Shining silver skies" [Equilibrium, 2006]
Era ora. Attendevo da tempo il nuovo lavoro dei partenopei Ashram, trio tra i più validi in ambito dark neoclassico in circolazione, non solo in Italia. Basta poco per innamorarsi di questo ultimo Cd, bastano le prime struggenti note di "5 steps" per perdersi nella loro musica, dolce, sognante e decadente, così pregna di pathos ed emotività. Delicati e soffici ("Maria and the violin string") sono capaci di regalarci sogni, visioni che si dilatano nell'anima ("Sweet autumn, part 2: All'imbrunire") e che segnano il cuore in profondità. Poco folk tra queste note, pochi esercizi di stile, poca scontatezza e pochi luoghi comuni mischiati a cliché. Solo tanta passione, musica vera e
vissuta da dentro, che fuoriesce delicata, da loro a noi, in un passaggio che accosterei (perdonatemi il paragone inappropriato) alla fotosintesi più che al cibarsi puro e semplice. Non è musica invasiva, eppure ti entra sotto la pelle. Non è musica violenta o dura, eppure è capace di creare solchi profondi nell'anima. Non è musica per tutti, eppure credo che ognuno di noi non possa rimanere indifferente di fronte a cotanta dolcezza e bellezza. Nessuno strumento è prevaricante, eppure ognuno ha un importanza fondamentale nell'arrangiamento ed esecuzione dei brani. Probabilmente, addirittura, gli Ashram non avranno mai il successo che meritano, ma veranno sicuramente incensati ed omaggiati (giustamente) da una cerchia di amatori che trarranno da loro emozioni e sensazioni di cui la scena neoclassica et simila attuale è fin troppo avara. Non è musica rumorosa, ma mette a zittire centinaia di uscite a 300 bpm sparate tanto per spararle. Non ha colori decisi, ma solo un infinita gamma di sfumature. Sfumature da capire, conoscere ed apprezzare un po' alla volta. Prendetevi tempo per voi, spegnete tutto, staccate la spina dal mono ed immergetevi nelle note di "Shining silver skies". E innamoratevi sempre di più ad ogni ascolto... [Max 13-34]
Sito web:
http://utenti.lycos.it/ashramusic
 
° HALO EFFECT - "Days of silence" [autoprodotto, 2006]
Abbiamo già parlato in sede di recensione dei capitolini Halo Effect ed avevo sottolineato quanto evidente fosse il loro amore per i Depeche Mode, in particolare per il periodo '80. Bene, questo nuovo demo (limitato a 550 copie numerate a mano). Si parte con "Our darkest way of beign", con tastiere in primo piano, buona ricerca di effetti e discreta registrazione, anche se alla fine il tutto si impasta un po'. La matrice è sempre quella, Dave gahan nel cuore e avanti. La chitarra va in primo piano nel secondo brano, "End of line", più "dark" della precedente, anche se la qualità dell'incisione cala un poco, creando uno "scalino" che disturba in parte l'ascolto del lavoro.
Si prosegue con "Pain of the day", e la ricetta non cambia. Si lascia ascolotare, ma andrebbe cambiato qualche ingrediente per renderla davvero bella. Si torna a bomba sui Depeche Mode (che non erano comunque mai stati abbandonati) con "This world", anche questa, purtroppo, penalizzata da una registrazione non all'altezza. Cadenzata e lenta è quasi il bluesaccio del demo che non poteva mancare. La quinta traccia è una reprise che chiude idealmente il promo, dato che in coda troviamo una versione di "Photographic" (di chi?...) leggermente più aggressiva dell'originale. Ben fatta, non c'è che dire. In definitiva un demo che piacerà ai fan dei Depeche Mode ma che certo non brilla di originalità... Peccato, non sarebbe guastato qualche rischio in più. [Max 13-34]
Sito web:
www.haloeffect.too.it
 
° SCREAMING FOR EMILY - "Scriptures" [North end records, 2006]
Dopo "malice", raccolta di materiale inedito della band americana, ecco finalmente ripubblicato lo storico Ep del 1986 "Scriptures". Devo dire che non c'è gara, quanto di buono poteva essere trovato nel disco raccolta, viene qui polverizzato con sei brani di eccellente post punk romantico, schietto e svogliato. Musiche che mi ricordano i primissimi Jene Loves Jezebel (quelli più tribali e malati, prima della svolta glam rock per intenderci) e che, davvero, sembrano provenire da un'altra band. Dopo un attacco diretto come "The love", è la lenta nenia malata di "Too late for prayer" a farci cadere a spirale negli incubi ad occhi aperti, incubi dal quale ci sveglia solo
"Last goodbye" e nemmeno del tutto. Perché "Another girl" è lì dietro l'angolo, in bilico tra malinconia cure e reminescenze di cold wave inglese (batteria, basso, voce e tastiera), pronta a farci scivolare nella tristissima "From your heart", che ci accompagna direttamente verso la chiusura. "Just a lie", infatti, è il tipico "ultimo brano", quel tipo di canzone che trovavi spesso nei dischi del genere (chi conosce i vinili, con le loro regole ferree di brano di apertura e di chiusura del lato "A", e brano di apertura e di chiusura del lato "B" capisce benissimo cosa intendo). Come già detto, Jene Loves Jezebel, ma anche punte di Duran Duran (quelli pre-Le Bon, ancora in forma demo per intenderci), Fools Dance, Cure e tutta una serie di band che sicuramente hanno costituito buona parte degli ascolti dei nostri. Ottima ristampa, che farà sicuramente felici gli amanti di una scena che, ahimè, non c'è più,o è comunque molto sbiadita... Acquisto obbligato e, attenti, come avrete capito c'entra poco con Malice, quindi... [Max 13-34]
Sito web:
www.screamingforemily.com
 
° SPECTRE - "Mantra voluntatis" [Hau ruck/Spqr, 2006]
Degli Ain Soph in teoria dovreste già sapere tutto: formazione italica storica nata nelle urla laceranti dell'industrial, mitigatasi poi in un cantautoriale d'autore fino al rock oscuro con forti richiami dei primi '70. Potrebbe sfuggire dunque, ad un primo sguardo, il motivo per cui questo disco sia uscito sotto il nome di Spectre. Semplice, perchè queso è da considerarsi a tutti gli effetti il disco solista della voce degli Ain Soph. che condensa ora anni ed anni di influenze ed esperienze, raggiungendo quello che mi piace considerare il suo nadir artistico, tanto sono raffinate le scelte stilistiche utilizzate nei vari brani, mai autocelebrativi nè "autovampireschi",
situazione in cui è facile cadere dopo anni di lavoro. E' un arrivo, ma anche un nuovo punto di partenza. Tra ballate cantautoriali speziate alla Lou Reed, guizzi elettronici mai sopra le righe e richiami al passato riletti in chiave moderna, "Mantra voluntatis" va ad eleggersi come uno dei dischi più importanti degli ultimi mesi. Poco importa se non riceverà pagine e pagine di elogi su webzine e riviste, perché questo album non è fatto per piacere. E' bello di per se. E di differenza tra le due cose ce n'è eccome. Eccellente. [Max 13-34]
Sito web:
www.hauruckspqr.com
 
° MACELLERIA MOBILE DI MEZZANOTTE - "La dolce vita" [Butcher's house, 2006]
Folle. Questo è l'aggettivo ideale per il nuovo lavoro targato Macelleria mobile di mezzanotte. Come nelle produzioni passate, il disco raccoglie una serie di brani costruiti attorno ad una serie di distorsioni e utilizzo di cut up in ambiente analogico che, suonando vagamente retrò, si addicono perfettamente al concept del disco. Concept che ruota attorno, appunto, alla Dolce Vita. Ad uno stile di vita italiano del secolo scorso che è diventato, nel bene e nel male, leggenda e fonte di ispirazione. Locali fumosi, sigarette in quantità industriali, belle donne, storie torbide di intrecci, omicidi e whisky. Tutto di questo e nulla di ciò. A pezzi. Frammentato ed incollato.
Sezionato, scartato, tagliato, sovrapposto. Con dei guizzi in tipico b-movie anni '60 ("Hush hush"). La cover di "Under my skin" di Sinatra è un assalto sonoro che farei volentieri ascoltare a Bono Vox in random per fargli sentire come andrebbe, realmente, interpretato il Sig. The Voice. Odio Sinatra, che c'è di male? E amo questo disco dei MMM che, per intensità e per risultato, è superiore a molte delle uscite dei mostri sacri italiani e non degli ultimi anni. E come può concludersi un disco così? Ovvio, con la strizzata d'occhio alla dance anni '70 di "Love is a mad dog from hell", eccellente conclusione per un disco che, se ce ne fosse stato il bisogno, riconferma i MMM come una delle band di punta del genere, in Italia e non solo. Ottimo. [Max 13-34]
Sito web:
www.butchershouse.com
 
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