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DOMINION-Luksa
Subkulture Records
I DOMINION sono senza ombra di dubbio i fondatori del gothic-rock duro e puro nel continente Asiatico: nel 1994 quando i Dronning MaudLand cantavano “Snowblind” il gruppo si formava a Manila sotto la direzione del cantante Mike Strange e del batterista Doi Porras -unico elemento rimasto della line-up originale- con l’intento di creare un vigoroso sound goth prendendo Nephilim e Sisters come riferimento. La mia citazione ai Dronning MaudLand non è stata affatto casuale: i Dominion, infatti, nel loro primo decennio di vita ricalcano musicalmente con il demo-ep “Home” e l’album in edizione limitatissima “The hand of cain”, le gesta della band tedesca. Un piccolo capolavoro gothic-rock come “Within these walls” doveva essere la base per la divulgazione del Dominion-sound oltre i confini asiatici attraverso la pubblicazione del primo album “ufficiale” dal titolo “Paralyzia” la cui lavorazione è iniziata all’incirca nel 2004 e che a tuttoggi è ancora paralizzata. L’instabilità interna che ha portato prima all’abbandono del bassista Iman Leonardo (2003) quindi del frontman Mike Strange (2005) non ha permesso il progredire del full-length ed ha rischiato di compromettere seriamente l’attività dei Dominion tenuti in piedi dal batterista Doi Porras. Si deve proprio a Doi Porras, divenuto nel frattempo singer del gruppo, la continuità dei Dominion che con una rinnovata line-up (nella quale spicca il compositore delle musiche Paul Casper) pubblicano in limited edition il cd “Luksa”, album con cui il combo Filippino fa il punto della situazione nel bel mezzo della registrazione del “fantomatico” full-length “Paralyzia”. Il lavoro che mi trovo a recensire si può dividere in due parti ipoteticamente intervallate dalle tracce strumentali molto orientaleggianti “Paglalakbay” e “From inside act II”: la prima parte riguarda i Dominion “classici” di “Sadness remains” e “Deceptive” canzoni composte in tempi non recenti che, sebbene con una produzione un poco approssimativa, emanano il tipico gothic-rock grezzo e potente caratteristico dei “vecchi tempi”. Sicuramente più interessante, per capire quale strada abbia intrappreso il gruppo nel “post Mike Strange”, è la seconda parte del cd in cui emerge la tittle track: se originariamente i Dominion si facevano largo a colpi di machete (chitarre) con “Luksa” la band di Manila usa il fioretto (synth). La canzone che da il titolo all’album è caratterizzata da un triste andamento goth-wave cadenzato da campane funeree (“Luksa” in idioma filippino significa lutto) in cui le tastiere hanno una parte predominante fino a diventare “dittatoriali” nelle altre tre versioni della stessa traccia “Dirge mix” (trip-hop), “Drowning mix” (elettro cold-wave) ed “Heterodyne Club mx” (Electro-pop). In “How far is heaven?”, infine, il machete ed il fioretto si uniscono creando una solida gothic rock song intreccio di chitarre taglienti ed oscuri giri di synth tra Nosferatu ed i più ispirati 13 Candles. Con “Luksa” i Dominion dimostrano di essere in ottima forma e pronti a continuare quel progetto dal nome “Paralyzia” interrotto alcuni anni fa e che merita di essere portato, finalmente, a termine.