RECENSIONI EVENTI

Cure+New Order+Crystal Castles ed altri - HJF, Rho, 7 luglio 2012

inclusa mini review Reflections Londra 2011

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prologo: rewind di 7 mesi e 3/4

Londra, 15 Novembre 2011, Royal Albert Hall, 18:30 circa. Il sogno di una vita si sta per avverare. I Cure, una delle mie bands preferite di sempre, stanno per suonare in questo posto magico e leggendario i loro primi tre album per intero, più tutti i singoli e b-sides del periodo fino al 1982. Ovvero, quella che chiamiamo la loro fase Dark. Per anni siamo andati ai loro concerti in pellegrinaggio, accendendo vari ceri a tutti i santi possibili affinchè nella scaletta ci fossero quante più canzoni possibili di quel periodo. Ora non c'è il dubbio. C'è la certezza. Tre ore e mezza dove nulla può essere sbagliato.

Fast Foward di sei ore

Il concerto è finito, il sogno si è spento. E ancora nessuno di noi ha abbastanza parole per descrivere queste tre ore e mezza. E rivedere Simon, Lol e Robert assieme su un palco a suonare QUELLE canzoni. Ed essere in un posto così intimo, che bastava allungare una mano per toccarli. "Just Like the old Days"? Non proprio, dato che la RAH tiene 5000 persone, ma è pur sempre un teatro e noi si stava in platea, roba da 2000 posti. E allora dimentichiamoci di chi ci circonda e si, è stato probabilmente proprio come ai vecchi tempi. Con quelle canzoni. Con quelle emozioni. Una in fila all'altra, un evento irripetibile che aspettav(am)o da una vita. E l'unica nota amara di tutto questo è che non ci saranno più magie così. Torneremo a vedere i Cure, certo, ma sempre accendendo ceri sperando di rivivere almeno per un paio di pezzi quello che stasera sembrava "normale" e che è durato 200 e passa minuti. Dopo questo concerto andarli a vedere non sarà più la stessa cosa.

Ri-Fast Foward, 18 Gennaio 2012

I Cure sono il primo gruppo confermato per L'Heineken Jamming Festival. Ci penso un pò, ma è ovvio che cedo. E per la prima volta da quando li seguo sono... sereno, ecco. Non avrò più la smania di sentire certi brani, so benissimo che dopo le date del Reflections dell'anno scorso cercheranno di suonare altro, magari brani tratti da The Top, Kiss Me e Head on the Door, ovvero gli album che in teoria dovrebbero far parte dell'altro...uhm...Reflections 2? Come le chiameranno le date selezionate la prossima volta? Vabbè, poco importa: per una volta andiamo a goderci i Cure più pop senza troppe pretese...

Ultimo Fast Foward, 7 Luglio 2012


L'Heineken Jamming Festival quest'anno si è spostato a Rho, in quella che viene continuamente chiamata arena ma che in realtà è un parcheggione rettangolare incastrato nel retro della fiera. Per chi non ci fosse mai stato, preparatevi: fa caldo, se non state davanti non vedete nulla e il parcheggio costa 15 neuri. Nonostante ciò, siam lì. Troppo ghiotto il bill, almeno sulla carta. Il Cile apre le danze, ma non mi esprimo: dire che non l'ho seguito è un eufemismo. I Parlotones hanno fatto un concertino da pub, ed erano felici perchè si tovavano di fronte qualche migliaio di persone, mentre invece l'ultima volta che sono venuti in Italia erano solo in 13 a vederli. Per quello che ho sentito io, pure troppe... Un brit-pop con melodie scontate alla Cure (appunto) più flaccidi, un cantante con barbetta, gilet, cappellino e trucco che voleva sembrare depresso ma che in realtà dava l'idea di un Alice Cooper che non si rade da una settimana... Inutili e noiosi. Ero invece curioso di vedere i tanto blasonati nuovi idoli della scena electro, i Crystal Castles (che hanno pure avuto Smith ospite in un singolo tempo fa). Bene, se le mie aspettative erano discrete, è bastato il primo pezzo per mandare tutto all'aria. Il trio (batteria, ometto vecchiotto alle macchine e ragazzina alternativa alla voce) fa solo una gran caciara, ma va a disperdersi nel nulla. Non c'è il nichilismo e la violenza sonora degli Atari Teenage Riot, non c'è l'atmosfera acida dei primi Prodigy, non c'è nulla che vada oltre le solite quattro basi con voce filtrata sopra. Molti tra il pubblico gradiscono e ballano, alcuni dei miei amici erano lì anche per loro, ma per me sono stati solo terribilmente noiosi. Cambio palco rapido ed ecco comparire onstage i New Order versione 2012, ovvero senza "l'uomo che sputava su Curtis fino a un paio d'anni fa e ora ci marcia come non mai" Peter Hook. I New Order sono atipici. Il loro set è talmente perfetto che sembrava di ascoltare un disco. Un live che odorava di Greatest Hits, tra una Ceremony, una Bizarre Love Triangle, una Regret e l'immancabile Blue Monday. La versione di Isolation ha fatto storcere il naso ai puristi, che però hanno cantato e ballato sul finale, prevedibile, di Love Will Tear Us Apart. Il vero problema dei New Order è che nonostante suonino bene e a chiudere gli occhi il concerto è davvero figo, se li guardi sul palco sembrano davvero annoiati. Non Dandy, proprio annoiati... Questo, sommato al fatto che suonavano di giorno, ha giocato sicuramente a loro sfavore, ma resta il fatto che preferisco comunque un set loro che dieci concerti dei gruppi che li hanno preceduti, nonostante non abbia mai particolarmente amato la band che nacque dalle ceneri dei Joy Division. A set finito, ennesimo ed ultimo cambio palco. Cadendo nel 2012 il ventennale di Wish, mi aspettavo Open in apertura, ma quando al posto di Tape ho sentito partire le campanelline tubolari di Plainsong... Ho pensato che si metteva bene. Trittico marchiato '89 in apertura, con Plainsong, Pictures of You e Lullaby. Ci mancava Closedown ed eravamo in pieno Prayer Tour. La band come sempre è eccellente, Ciccio sembra sempre di più un incrocio tra Liz Taylor e Platinette ma cazzo che voce, altro che i suoi coetanei modello Murphy o Sioux. Il nuovo entrato Reeves Gabriel, storico chitarrista di Bowie tra le altre cose, mi spaventava un pò (è sua metà di quella porcheria di singolo dei Cure chiamata Wrong Number... e si, ovviamente ce la siamo dovuta beccare pure stasera) e invece mi ha piacevolmente stupito. Non si mette a strafare, e a differenza di quando lo vidi con Bowie nel tour di Outside, sta sulle sue, da il meglio di se e non sovrasta i suoni con i suoi effetti. Bestemmio se dico che non mi ha fatto rimpiangere il buon Porl (ops, pardon, Pearl) Thompson?... Il set non ha cedimenti, ed alterna gemme pop senza tempo (Just Like heaven, Push, Doing The Unstock) a classici darche (Primary, 100 years, A Forest, Play For Today...) in un equilibrio che accontenta un pò tutti. Dopo 23 canzoni e una Disintegration strappata a fatica dalle corde di Smith, un attimo di pausa prima che la band torni sul palco per il primo bis. Che è (uhuhuhu) dedicato a The Top, uno degli album più sottovalutati della loro discografia. Shake Dog Shake non fa prigionieri, e convince anche la nuova veste data a Bananafishbones, qui meno idiota e più incisiva. Ma la lacrimuccia spunta dal bordo degli occhi quando sento la trottola di The Top... Io amavo la title track di quell'album. Alla follia. E sentirla dal vivo per la prima volta è stata un'esperienza che non mi sarei mai immaginato. Solo per quel brano pagherei di nuovo il prezzo del biglietto più e più volte. Nuova fuga dal palco e ritorno per il secondo bis, e quando Dressing Up e the Caterpillar (inframezzate dai Gatti in Amore) risuonano dagli speaker, la voglia di vedermi sto fantomatico reflections 2 mi prende in pieno. Perchè spesso ci si dimentica di una cosa: si divide i Cure in due fasi, Darkwave e Pop, dimenticandosi dello splendido intermezzo psichedelico che ha avuto strascichi lunghi tre album. Altra sorpresa gradita, Just One Kiss, la splendida b-side di quel singolo squallido (la pietra dello scandalo per chi c'era nel 1982) che era Let's Go To Bed. Mai suonata dal vivo fino a questo tour, a detta di Robert Smith è uno dei suoi 5 brani preferiti dei Cure. E si, è innegabile che funziona ancora benissimo. Mancava solo Lament e stavamo al settimo cielo, ma non si può chiedere tutto. Siamo arrivati a 33 canzoni, e c'è posto solo per un ultimo brano. E cosa mancava dei singoloni? Ovviamente Boys Don't Cry. Pessima scelta per chiudere, ma fa niente. 25 mila persone in delirio, tre ore e venti pure stavolta, 34 pezzi, una band in forma ed affiatata, scaletta varia e nettamente superiore a quelle degli anni '90... che si può chiedere di più? Inutile stare tanto a farla lunga: I Cure sono l'unico gruppo Darkwave che dopo aver raggiunto il mainstream in qualche modo è sopravvissuto a se stesso per più di trent'anni senza risultare una baracconata da reunion grottesca. Se gli ultimi lustri a livello di album non hanno entusiasmato, è nei concerti che la band merita tutti gli elogi possibili. Trovatemi qualcun'altro, oltre a Springsteen, che riesce a tenere in pugno una marea di gente senza cedimenti per mezza giornata lavorativa... Come sempre, Chapeau!


THE CURE scaletta:


Plainsong
Pictures of You
Lullaby
High
The End of the World
Lovesong
Sleep When I'm Dead
Push
In Between Days
Just Like Heaven
From the Edge of the Deep Green Sea
The Hungry Ghost
Play for Today
A Forest
Primary
The Walk
Friday I'm in Love
Doing the Unstuck
Trust
Want
Wrong Number
One Hundred Years
Disintegration
Shake Dog Shake
Bananafishbones
The Top
Dressing Up
The Lovecats
The Caterpillar
Close to Me
Just One Kiss
Let's Go to Bed
Why Can't I Be You?
Boys Don't Cry

 


NEW ORDER scaletta:


Elegia
Crystal
Regret
Isolation
Ceremony
Bizarre Love Triangle
True Faith
586
The Perfect Kiss
Blue Monday
Temptation
Love Will Tear Us Apart


CRYSTAL CASTLES scaletta


Plague
Baptism
Courtship Dating
Crimewave
Air War
Alice Practice
Black Panther
Celestica
Suffocation
I Am Made Of Chalk
Not In Love

 

 

Max1334

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