La seconda edizione del Metamatik Festival si è svolta presso il "Totem Club" di Vicenza nelle serate di Venerdì 27 e Sabato 28 Giugno. Ecco a voi un resoconto completo dell'evento curato dal nostro incredibile, indescrivibile, grandissimo e bravissimo Max che si è fatto davvero in quattro per proporvi tutto questo (comprese le interviste ai gruppi e agli organizzatori a fondo pagina).

VENERDÌ

SONAR

Il compito di aprire le danze di questa edizione 2003 del Metamatik Festival è affidato ai Sonar, progetto industrial di Eric Van Wonterghem e Dirk Ivens. Ovvero, come dire "ecco a voi i Klinik"... Avevo sentito poco del progetto in questione, ma conoscendo
il background dei due, avevo ottime speranze per un live act come si deve. Ed infatti le mie aspettative non vengono deluse! Industrial vecchio stampo (seppur con strumentazioni più moderne) senza vie di fuga! Una consolle al centro del palco con i due che si fronteggiano parte a parte, quasi una sfida sonora dove vince chi riesce ad infilare la distorsione più azzeccata su pattern che già di per se sono mozzafiato.
Il più calmo e concentrato Eric, con la sua presenza scenica quasi statica, va a controbilanciare un Dirk Evans quasi invasato e completamente immerso anima, corpo, nervi e sudore nel muro di suono che crea col compagno e che li/ci circonda. L'impianto è in evidente saturazione e salta un paio di volte, non riuscendo comunque a spezzare un'atmosfera tesa al limite del claustrofobico, che non ha un culmine perché è già apice di se stessa. Luci bianche, strobo, neon e fumi avvolgono i corpi sul palco mentre le casse danno l'impressione di sputare sangue da un momento all'altro tanta è l'energia che ne fuoriesce. Il pubblico è praticamente pietrificato e non sono pochi gli
sguardi letteralmente sconvolti che si incrociano alla fine di una esibizione intensa e corrosiva. I Sonar hanno alzato il sipario e sganciato la bomba. Non poteva esserci apertura migliore...

TONY WAKEFORD - MATT HOWDEN
Vi prego, svegliatemi... Atteso, anzi, attesissimo da molti, Tony Wakeford compare sul palco (con tutto il suo bagaglio d'esperienza e non solo...), imbraccia un basso microscopico e si mette a suonare. Partono le basi e subito intuisco che, probabilmente, il concerto non sarà tra i più movimentati del festival. Sia chiaro, sapevo benissimo a cosa andavo incontro. Conosco ed amo Sol Invictus da "Lex Talionis", ma non avevo calcolato alcune variabili. Ecco, diciamola tutta, non era né il luogo adatto, né la situazione più consona per un concerto di questo tipo. La loro musica è sicuramente più adatta ad un locale raccolto e meno dispersivo del Totem e di certo non è da festival.
Datemi dell'ignorante, ma da quello che ho visto e percepito la performance ha per lo più annoiato i presenti. Se a questo aggiungiamo un Tony che non mi è sembrato al top della forma e della passione (stanchezza? Noia? Disinteresse?) ci resta solo un ottimo Matt Howden e il suo violino magico, unico vero artefice dei pochi veri momenti felici ed emozionanti di una performance che mi ha tediato più che emozionato.
Peccato.
Si chiude così la parte concertistica della prima serata del Metamatik 2003. Logicamente si va avanti con la discoteca fino alle prime luci dell'alba... domani ci attende una giornata campale, speriamo di recuperare le energie! :-)

SABATO

SIEBEN (MATT HOWDEN)
Chi è Matt Howden? Questa è la domanda che molti dei presenti si era posta vedendo questo nome in scaletta. Tranne i veri appassionati dei Sol Invictus, infatti, non erano in molti a conoscere il talento di questo musicista che definire eccezionale è poco. Munito solo della voce e del suo violino (delle basi preregistrate saranno usate solamente per gli ultimi due brani) ha preso il
pubblico per mano e lo ha accompagnato, davvero, in un altro mondo. Un mondo sospeso fatto di loop, riverberi, deelay, musica classica, fughe sulle quattro corde, battiti, respiri, emozioni. Forti.
La particolarità del suo modo di proporre musica è che essendo solo ma volendo evitare il più possibile campionatori, ecc... si avvale di deelay in modo massiccio, suonando piccole parti di violino che mandate in loop e sovrapponendosi man mano l'un l'altra vanno a creare la base per il suo cantato e solismo. Effetti vari vanno ad aggiungersi ad ogni battuta, creando suoni particolari che sembrano uscire da un synth. Il suo strumento poi sembra essere un tutt'uno con Matt, che lo suona, lo percuote, pizzica le corde o le sfiora con il mento... coccolato e trattato quasi come se avesse vita. Ed in mano sua, quel "pezzo di legno", credetemi, prende anima.
La voce di Matt, inoltre, nonostante qualche problema fisico (leggi esposizione esagerata all'aria condizionata) è molto calda ed avvolgente. Credo che il modo migliore per descriverla sia, usando le parole di mia moglie, "David Sylvian meno dandy e distaccato". Tutto questo per dirvi che per quanto mi riguarda il signor Howden è stata la vera rivelazione del festival, umile come solo i grandi possono essere. Ambient senza risultare pesante e noioso, neoclassico senza sfociare nella pretenziosità, folk senza "la canzone del sole" in testa, Sieben ha aperto dei nuovi spiragli per dei generi che ormai puzzano di stantio da una vita.
E poi diciamo la verità: è un piacere vedere un musicista con i controfiocchi suonare
così bene ed in modo così ispirato. Vero, sincero, puro. Gli applausi che ha ricevuto se li è proprio meritati tutti e a giudicare dal sorriso che ha in faccia non li scorderà molto presto. Così come sarà difficile per noi toglierci dagli occhi quelle dita che si muovevano su quelle quattro corde in maniera divina. Il modo migliore per aprire la seconda giornata del festival. Applausi!

BLOODY DEAD AND SEXY
Era ora. Per chi scrive, questo era uno dei concerti più attesi dell'anno. Dopo aver ascoltato fino alla noia gli Mp3 ed il promo, aver distrutto i solchi del 7" e fatto girare a ripetizione a casa ed in macchina il loro Cd debut "Paint it red", mancava solo l'esperienza live per cibare la mia sempreterna voglia di death-rock fatto come si deve. E così è stato.
Un ignoto (manco più di tanto ^_^) "gothic-rabbit-presentatore", accoglie i quattro tedescotti sul palco. Il tempo di prendere
posizione e via, "Traurig" incendia le prime file. Il suono fa le bizze, il caldo è molto, la band ha problemi tecnici ma chissenefrega!!! Questo è death-rock, e per i soliti finti-colti che storcono il naso consiglio di andare ad ascoltarsi qualche live tape degli esordi dei Christian Death per vedere dove andavano a finire la tecnica il feeling e tutto quello che vi pare. Il death-rock dal vivo è uno spettacolo, una gran festa, fisica e diretta. Per le cose emotive c'è altro!
Comunque, tornando al live act, la scaletta ripropone praticamente tutto l'album d'esordio, con punte massime di spettacolo che si raggiungono nella frenetica danza voodoo di "Hey ho armageddon", nella ormai classica "Bloody Rose" (un vero e proprio hit che sentiremo ancora per mooooolti anni nei club di mezzo mondo...) o in "Flies in the bottle", con un refrain cantato da mezzo pubblico.
Ihan è in forma e nonostante il caldo fronteggia le prime file con fare maniacale mentre Tim, "bambola satanica modello film horror di serie z", e dHamm "gisus craist gothicstar" macinano riff su riff. Come già detto i problemi tecnici non sono mancati e quindi "Frau im see" viene interrotta a metà per poi essere ripresa ('sti cavi del basso...) in un secondo momento. Il timpano della batteria perde un piedino e più di una volta i fili dei microfoni si intrecciano creando un macello. Anche loro sono un po' scoordinati, ma poco importa, maledizione! Sul palco c'è energia, i ragazzi si stanno divertendo e si vede!!! Come resistere a "The rose red bloody stage" o "Funny, sad and cruel"?!
Bjorn alla batteria non perde un colpo, e sembrano siano passati solo pochi secondi quando arriva il pezzo di chiusura, quella "Sick six minutes" con il testo riadattato per l'occasione
("George Bush is hard to kill... non so se potrei essere arrestato per questo, quindi non vado oltre: ma è davvero difficile da uccidere...") che manda in visibilio i ragazzi sotto lo stage. Una botta di vita, energia pura sopra e sotto il palco come, personalmente, non vedevo da tempo. Il pubblico si è diviso tra adulatori e detrattori, ma se siete nel primo gruppo, non lasciateveli sfuggire quando torneranno!!! Grande, grande show...

DIVE
Su Dirk Ivens e i suoi Dive si potrebbe parlare a lungo discutendo sull'importanza che questo personaggio ha avuto nella scena industrial storica sia come fondatore dei Klinik sia come Dive. Potremmo parlare della bellezza infinita di dischi come "Final report" o "Concrete jungle" e qualcuno potrebbe anche dire che le sue ultime uscite siano meno ispirate.
Sì, su Dive c'è molto da dire. Ma un suo concerto, nel 2003, lascia ancora letteralmente sconvolti. Sconvolti come la prima volta
che ascolti il mini-Cd "Live action" a palla (del resto c'è scritto "Play loud"...), venti minuti per sette brani in una sequenza micidiale, violento e malato come pochi, così, nel suo genere. E tale è rimasto. Tirato a lucido, camicia aperta su un fisico di certo non privo di imperfezioni ma comunque invidiabile per un quarantenne, Dirk comincia subito con una sprangata nelle gengive, perché "Snakedressed" separa subito le acque. Chi si aspettava da lui, non conoscendolo, uno show ebm o futurepop (si, perché ho sentito anche queste voci in giro... mamma mia...) se ne va. Chi lo conosce rimane... di sasso.
E' solo sul palco, Dirk. Ma anche se avesse un'orchestra di cinquanta elementi vestita alla Cinema Strange dietro di sé, non riuscireste a togliergli gli occhi di dosso. Questo uomo è magnetico. Questo uomo ha carisma. Ha forza. Ha estrema convinzione di cio che fà. Si muove sul palco come un serial killer in preda a raptus omicidi. Ci sputa addosso il suo lato più maniacale mentre i bassi di "Lies in your eyes" ci sfondano lo stomaco.
Fa un salto indietro per vomitarci addosso "Dead or Alive" e uno ancora più indietro
Tributando i Suicide con la ormai classica versione di "Rocket U.S.A." mostrandoci, se mai qualcuno avesse avuto ancora qualche dubbio a riguardo, dove affondano le sue radici. E poco importa se l'impianto audio-luci salta di nuovo come la sera precedente durante i (guarda caso sempre "suoi") Sonar, quasi a sottolineare la saturazione sonora ed emotiva del live act.
Dive torna per una ultima sassata nei denti, vestito di strobo, fumo e nervi. Se ne va lasciando il Totem in delirio, un delirio emotivo da nervi a pezzi. Se c'è qualcuno in
questi due giorni che ha toccato le zone malate della nostra psiche, questo è Dirk. E poco importa se i soliti detrattori parlano di "concerto Karaoke", dato che tutte le basi erano registrate (ma gente mia, ma i dischi li comprate? Che vi aspettavate un Dirk Ivens in versione acustica?!). Chi ha goduto, ha goduto. Io fra questi. No pain, no game.

RED LORRY YELLOW LORRY
Un album di vecchie fotografie. Solo questo può avere lo stesso effetto. E come ogni volta che si riguardano le foto di un tempo si torna indietro e noi, per un'ora e mezza, siamo stati catapultati a qualche annetto fa... La calata sul suolo italico del "furgoncino giallo-rosso" era attesa da molti da tanto, troppo tempo. Ma a differenza della reunion dei Bauhaus, dove ogni show era DAVVERO un salto indietro (stesse movenze, stesse interpretazioni, stessa carica) qui la cosa è diversa: evoluzione, ricerca sonora o maturità (dire la parola "vecchiaia" potrebbe essere frainteso).
Il gruppo che sabato ha suonato non è più la banda incazzata ed istintiva di vent'anni fa. I brani sono gli stessi, l'intensità anche, ma è cambiata l'attitudine. Più mentali che fisici, i RLYL (una leggenda tra i gruppi "minori" della scena post punk, non dimentichiamocelo) hanno aperto lo scrigno dei ricordi, rendendo i loro brani più complessi, facendoli ingrandire e maturare.
Ecco... i RLYL sembrano una bottiglia di buon vino lasciata ad invecchiare. Non c'è dubbio che sia buona, probabilmente migliorata. Ma sarà comunque diversa e questo alcuni presenti non l'hanno capito né gradito. Ciò non toglie che "Spinning round" toglie ancora il fiato, che "Generation" è superiore a molte uscite pluriosannate di oggi e che lo show ha scatenato un pogo infernale. Si, pogo. Si parla di post punk, mica di ethereal, medieval, lacrimux impalpabilal o suicidal polka... POST PUNK!!! E col punk, a casa mia, si POGA. Niente mossettine da checche isteriche, niente pose plastiche da teatrino drammatico di periferia. Pogo! E se non vi stava bene, nessuno vi ha obbligato a stare nelle prime file. Chiaro che i deficienti ci sono (pogare è un conto, sfogare le proprie frustrazioni con la violenza è un altro), ma non siamo davanti ai Collection d'Arnell-Andrea...
Comunque, tornando allo show vero e proprio, l'unico appunto che posso fare è una parvenza di freddezza da parte della band nei confronti di un pubblico calorosissimo ed adorante. Freddezza che può essere dovuta al nuovo modo di vivere la musica dei nostri, ma che ha comunque lasciato un po' d'amaro in bocca. Unico neo
per uno show altrimenti ineccepibile. Che poi a me i Red Lorry non facciano impazzire è un altro discorso. La storia è storia e bisogna cercare di essere obiettivi. Ed i Red Lorry hanno fatto centro. Due richiamate per i bis non sono poca cosa.
Sono certo che fra qualche anno ci saranno almeno il quadruplo delle persone presenti che diranno "io ai Red Lorry c'ero!!", perché è stato comunque un evento, è stata "storia". E il resto, gusti, sottigliezze e roba varia, quando c'è di mezzo la storia, conta poco. Il furgoncino ha chiuso le porte, riavviato il motore e se n'è andato... Si dice che si fermerà a fare benzina al M'era Luna e poi via a casa. Chissà quando tornerà da queste parti... speriamo non debbano passare ancora altri 10 anni!

IN STRICT CONFIDENCE
Ed eccoci agli headliner della serata. Credo che la decisione degli organizzatori di inserirli come nome di punta del festival sia stata dettata sia dalla indiscussa popolarità del gruppo, sia dal genere danzereccio proposto, ideale per concludere una maratona musicale intensa come il Metamatik.
Dico questo perché molti si sono chiesti il motivo del "secondo posto" riservato ad un nome storico come i Red Lorry Yellow Lorry. Ma veniamo al dunque... Potrei mentire scrivendo tonnellate di commenti vaghi, che il concerto è stato così o cosà, ma la realtà è ben diversa. Non ho mai apprezzato particolarmente ISC e l'ebm in generale (e non mi dite "ma i Dive sì" perché, onestamente, sono tutta un'altra cosa). Aggiungiamo a questo la stanchezza dei due giorni, il caldo, la sete (?!)... vabbeh… per dirla tutta ho seguito il live act solo a spezzoni, preferendo gironzolare per il locale tra gli stand, al bar o fuori. Quindi posso dire solo poche cose... Da quel che ho visto, i ragazzi hanno avuto un cambiamento notevole, perlomeno in sede live. La loro ebm con vaghi riferimento futurepop è stata infarcita da chitarrozze varie e da una sezione ritmica (umana) molto pesante. Diciamo che da quello che mi è parso di capire ora come ora assomigliano più a cose come Y-Front e simili, per intenderci.
Ciò non toglie che buona parte del pubblico ha danzato fino all'ultimo bis, tributando alla band un successo tutto sommato meritato. Ripeto, io non li reggo, ma non posso togliergli il merito di aver fatto comunque divertire un grosso numero di persone, concludendo nel migliore dei modi (certo, i Mephisto Walz sarebbero stati qurantamila volte meglio, ma che vuol dire? ^_^) una due giorni indimenticabile. What else I could say?...

CONCLUSIONI

Molti i commenti riguardanti le band presenti da parte dei fans e dei detrattori. Tra i più bersagliati da questi ultimi sicuramente i Bloody Dead and Sexy che nonostante la calorosissima accoglienza hanno ricevuto aspre critiche da parte di una frangia di pubblico. Le accuse maggiori sono ovviamente rivolte al loro modo di porsi sul palco, alla presunta scarsa professionalità e
all'uso estetico dei clichè del goth. Infatti Rozz Williams che uccideva i gatti (veri) sul palco era un artista, Ihan (il cantante), con un cristo vestito con la t-shirt del gruppo crocefisso sull'asta del microfono, è un pagliaccio. Mah... Nessuno vuole far credere che siano originali, questo è chiaro, ma a modo loro "piacciono" e hanno saputo differenziarsi.
E comunque non c'è da stupirsi, visto che il severissimo pubblico del Metamatik non ha risparmiato nemmeno un mostro sacro come Dirk Ivens, reo di assomigliare secondo alcuni ad un novello Fiorello (leggi: "Karaoke"). Anche i muri sanno che Dive usa solo basi preregistrate e non ha nemmeno voglia di fingere il contrario (come invece fanno molte band) mettendo finti musicisti sul palco. Davvero mi hanno stupito certi commenti, soprattutto quando venivano da "intenditori" di industrial ed ebm!
La palma del gadget più carino, invece, va senz'altro a Matt Howden che ha preparato per i suoi fans dei biglietti apribili scritti a mano, autografati, al cui interno era inserito un fiore essicato colto nel suo giardino... Originale e simpatico e, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, per nulla pacchiano e, anzi, molto elegante! Per quanto riguarda invece i molti espositori presenti (dischi, abiti, monili, bigiotteria, riviste e chi più ne ha più ne metta) lo stand più curioso, accanto ai vari Feronia, Ascension, Sin Factory, Bahntier, ecc... che comunque facevano la loro bella e ricca figura, era di certo quello dell'assenzio, dove un incrocio tra Dinah Cancer e la Fata Turchina vendeva per qualche Euro preziose ampolle del leggendario intruglio. Indipendentemente dai
gusti, l'idea in sè è parsa originale, anche se da qualche tempo a questa parte anche la verde bevanda è entrata a far parte dell'immaginario del dark triste, depresso e dio-come-soffro... perdendo molto del fascino trasgressivo di cui in tempi non sospetti ha sicuramente goduto. Assenzio a parte... anche l'acqua vuole la sua parte e, come ogni Metamatik che si rispetti, due acquazzoni hanno caratterizzato le serate del festival. Nella prima, durante la pausa tra Sonar e l'accoppiata Wakeford/Howden sul lato destro del sottopalco si è addirittura venuta a creare una discreta pozza dovuta all'infiltrazione
Foto By Neogrigio d'acqua dal tetto. Problema prontamente e fortunatamente risolto dall'efficentissimo personale del locale, tanto più che la sera seguente la pioggia è scesa copiosa, ma di gocce nemmeno l'ombra. Vabbè, alla fine la pioggia fa darche... ;-)
Passando alle impressioni dal punto di vista "umano" nel corso delle due serate Red Lorry Yellow Lorry e Tony Wakeford sono sembrati i più "invecchiati"... quelli che paiono risentire maggiormente degli anni che passano. Tanto a livello estetico quanto con il rapporto con il pubblico: sono sembrati un po' freddi e distaccati. La cosa non vale invece per il sempreverde Dirk Ivens, anche se alla diciottesima birra il suo sorriso cominciava a farsi inquietante. Ovviamente, come al solito, i più "caciaroni" e compagnoni sono stati i Bloody Dead And Sexy, seguiti a ruota dall'insospettabile Howden, che hanno trascorso la maggior parte del tempo off-stage con i ragazzi del pubblico tra cocktail, birre e cazzeggio, senza risparmiare battute, sorrisi ed autoironia a nessuno. Un esempio che molte band nostrane, anche minori e con mezzo demo all'attivo, dovrebbero tenere presente.
E che dire del pubblico radunatosi per l'occasione? Dei due francesi "d'annata" venuti fino a Vicenza per il Metamatik? E dei ragazzi dalla Grecia? E del gruppo di irriducibili romani? Tutta gente che s'è sparata oltre 500 km, alla faccia dei ragazzi del Nord Italia che hanno disertato perchè "è troppo lontano..." (però ve le attraversate volentieri quattro regioni da est a ovest per andare a ballare alle serate, eh?!). La presenza non è stata così massiccia come ci si aspettava e questo è stato un
vero peccato. Forse i 25,00 Euro d'ingresso hanno scoraggiato quella parte di pubblico che va nei locali solo per rimorchiare e sballarsi, dimostrando che ce n'è davvero TANTA di gente così in giro nel nostro paese!
In conclusione, tranne la scomodità della card per le consumazioni (e del costo esagerato di alcune di queste: una bottiglietta di acqua minerale costava ben 3,00 Euro... un vero scandalo! Non si può organizzare un festival a ridosso di Luglio e costringere il pubblico a svenarsi per comprare l'acqua che gli serve per SOPRAVVIVERE! N.d.Malex), non si può dire nulla di negativo riguardo un evento pressochè perfetto (nel quale molte delle lacune della precedente edizione sono state colmate), vario e completo musicalmente, quanto ben organizzato a livello di "forma". Se solo fossimo meno esterofili, manderemmo a quel paese un sacco di festivalini esteri (e sciocche seratine danzanti) in favore di eventi come questo... See you next year, e che John Foxx sia con voi!
[Recensione a cura di
Max 13-34 per Erbadellastrega.it - Agosto 2003. Per le foto ringraziamo Neogrigio]

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Clicca qui per leggere l'intervista ai Bloody Dead And Sexy

Clicca qui per leggere l'intervista a Dive

Clicca qui per leggere l'intervista a Tony Wakeford

Clicca qui per leggere l'intervista a Sieben

Clicca qui per leggere l'intervista agli In Strict Confidence

Clicca qui per leggere l'intervista agli organizzatori del festival

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